IL FUTURO NON È SCRITTO
Ho deciso di scrivere queste righe per provare a immaginare alcuni scenari futuri nell’attuale crisi
perché credo che questa, se non sarà la più grande crisi dell’attuale
sistema di dominio, sarà di sicuro un evento che cambierà completamente
il mondo per come lo abbiamo conosciuto finora, aprendo la strada a
ristrutturazioni e avvenimenti fino a questo momento giudicati
impossibili, nei cui interstizi l’azione anarchica che mira alla
distruzione di ogni forma di oppressione potrà trovare occasione di
esprimersi e, forse, rivelarsi appropriata alla realizzazione dei nostri
sogni più reconditi e inconfessati.
Cominciamo con l’ammettere che questa crisi ha colto tuttx di
sorpresa, nonostante numerose previsioni avessero da tempo annunciato
possibilità del genere per il futuro prossimo dell’umanità (NATO URBAN
OPERATION 2020, vi dice qualcosa?), possibilità a cui gli stati le loro
istituzioni si preparano da tempo, ma che per fortuna, ancora sembrano
incapaci di rispondere adeguatamente. Questo dovrebbe suggerirci una
prima riflessione: a scapito delle analisi che vedono il potere come un
organico e perfettamente oliato sistema di amministrazione, in cui tutte
le parti concorrono adeguatamente portando il proprio contributo in
maniera perfettamente sincronizzata, dobbiamo riconoscere che questa
pandemia ha invece colto impreparati i governanti del pianeta quasi su
tutti i livelli. Questo ci dovrebbe suggerire che per quanto si sforzino
i nostri nemici, diverse e perfino opposte forze si accalcano sugli
scranni del potere, a scapito di un’omogenea e puntuale gestione delle
cose.
Immaginare scenari futuri non è un semplice esercizio della fantasia
senza scopo, né un’attività volta allo stuzzicare piacevolmente i nostri
propositi di distruzione. Né tanto meno dovrebbe essere un pretesto per
continuare a ripeterci gongolanti l’estenuante litania del “noi
l’avevamo previsto”. Dovrebbe servire piuttosto per aiutare a sviluppare
seriamente delle progettualità di intervento nell’immediato futuro.
Negli ultimi giorni continuano senza posa a uscire su siti d’area
contributi che non aggiungono nulla a quanto già sapevamo, una sfilza di
testi che sembra mirino più a dare ragione alle analisi stilate negli
ultimi anni che a costituire degli utili strumenti per orientarci nella
situazione attuale. Contributi impregnati da quell’ideologia
dell’insurrezione che cerca ovunque le possibilità di una rivolta, senza
mai osare immaginare di provocarla, o alla ricerca delle condizioni
oggettive di una crisi del capitalismo, mancando dell’immaginazione
necessaria per ipotizzare un intervento autonomo che metta finalmente e
per davvero in crisi l’esistente, e ancora una volta dimostrano solo
quanto le ragnatele teoriche del passato ricoprano ancora le analisi che
fuoriescono dal cosiddetto milieu anarchico.
L’intensa quantità di scritti che stanno circolando ultimamente si
limitano infatti per la loro maggior parte a descrivere con toni
allarmistici le derive securitarie e paranoiche degli ultimi tempi, cosa
che non aiuta molto a immaginare una via d’uscita da questa situazione
che puzza di totalitarismo. Anzi! Fiacca il morale aumentando la mole di
dati negativi con i quali fare i conti, ricalcando sostanzialmente
l’atmosfera di paura che si respira ovunque, e dando sostanzialmente
risonanza alle peggiori notizie in circolazione. Andiamo gente! Credete
davvero che ci sia bisogno di continuare a descrivere l’evoluzione
autoritaria dell’attuale sistema di dominio? Sono anni che lo si fa e
questo a contribuito solo a sviluppare atteggiamenti pessimistici circa
le possibilità di sovvertimento del sistema, oscurando il nostro
immaginario con nuvole nere di negatività, frustrazione e sconforto. A
mio modesto parere credo invece che ci sia bisogno di uno spiraglio di
luce alla fine del tunnel, dello scorgere reali possibilità d’intervento
nel presente da poter cogliere e trovare così di nuovo lo slancio
all’agire. Altrimenti tanto vale rinunciare ora, darsi alle droghe
(tecnologiche o chimiche che siano) o ad altro genere di distrazioni per
godersi comodamente questo lento annichilimento, nostro e del pianeta,
senza continuare ad auto-flagellarsi.
Questa considerazione mi porta a suggerire che c’è un urgente
necessità di una narrazione degli eventi che sfugga da quella imposta
dal dominio. È da tempo che si ripete come un mantra che ci manca il
polso della situazione (sociale soprattutto) perché viviamo in ghetti
antagonisti auto-costruiti, e ora che più che mai non si è nelle strade,
che non si prende l’autobus, insomma ora che si è tagliati fuori dal
mondo, è difficile farsi un’idea di che aria tira, e bisognerebbe
prendere con le pinze ciò che passa sui vari tipi di schermi che
affollano il nostro spazio domestico. In questo momento la maggior parte
delle informazioni che abbiamo a disposizione sono fornite dagli organi
di informazione mass-mediatici e quelle che rimbalzano senza controllo
sui social, il che aumenta la dipendenza intellettuale da questo sistema
e restringendo le nostre capacità di un pensiero autonomo, contagiato
com’è dall’isterismo e dalla paura in circolazione. L’immaginario, anche
nei cosiddetti “ambienti sovversivi”, è di fatto colonizzato da dati
insignificanti e informazioni spazzatura, che distorcono la percezione
della realtà e di fatto impediscono lo sviluppo di progettualità che
travalichino gli argini del pensiero comune. Si sta pagando la mancanza
negli ultimi anni di una critica dei media e dei mezzi di informazione,
così come dei social. O diciamo meglio che la si è data per scontata,
mentre sempre più compagne e compagni si adeguavano alle tendenze
comunicative della massa mettendosi uno smartphone in tasca,
raccontandosi (e raccontando in giro) che l’avrebbero usato
“coscientemente”. Un fatto a dir poco sconcertante. Nonostante tutti
sapessero le conseguenze che l’utilizzo di certi apparecchi ha sulla
socialità e le indiscutibili ricadute a livello di controllo, ci si è
semplicemente conformati, forse per paura di restare isolati, forse con
la sincera intenzione di utilizzarli al meglio. Fatto sta che con
pericolosa superficialità i nostri ambienti e spazi vitali sono stati
riempiti ancora di più orecchi e occhi utili al potere, regalando
migliaia di informazioni a chi si occupa di sorvegliarli, per esempio su
chi visita determinati profili o pagine web, con chi si comunica, le
reti di contatti, etc. Ed ora il governo discute se sospendere i diritti
di privacy usando delle app al fine di controllare i nostri
spostamenti. È triste riconoscere ancora una volta la tendenza
contemporanea che vede una partecipazione dal basso nel costruire le
proprie stesse gabbie.
Senza considerare le conseguenze che l’uso dei social sta avendo sulla
capacità delle persone di sopportare questa condizione imposta di
isolamento. Chissà quantx in questi giorni staranno ringraziando i
mostri sacri del dominio tecnologico per avergli dato la possibilità di
comunicare con i propri cari. Senza di essi magari sarebbero già scesi
in strada, avrebbero escogitato mille e uno piani per evadere i divieti
incontrandosi di persona, non potendo rinunciare oltre a quel contatto
umano tanto importante per il proprio benessere psicofisico. E questo
vale anche per rivoluzionari o i militanti di ogni sorta.
Possibili scenari del futuro prossimo venturo
Proteste e rivolte potrebbero avvenire anche nei prossimi brevi
periodi; sono molte infatti le persone che presto avranno difficoltà a
sostenersi. Nei giorni scorsi il Ministro per il Sud è intervenuto per
mettere in guardia il governo sulle possibilità di un’esplosione
sociale. Anche i servizi di intelligence si sono detti preoccupati. Si
cominciano ad aver notizie di tensioni legate al soddisfacimento del
fabbisogno alimentare, chi si occupa normalmente di assistenza sociale
non è in grado di affrontare la grande quantità di richieste di aiuto
che li sta sommergendo, e il governo sta correndo ai ripari distribuendo
in tutta fretta alcune briciole, cercando goffamente di gettare acqua
sul fuoco. Nel frattempo si sta, letteralmente, pregando l’UE di aiutare
a sostenere l’economia e i bisogni della popolazione di fronte a questa
crisi. Di oggi la notizia della creazione di un fondo di 100 miliardi
di euro a questo scopo. È sicuro che di chi siede ai piani alti comincia
ad essere preoccupato delle possibilità provocate dal prolungamento
delle misure di contenimento del contagio, e che per prevenirle
comincerà a dare fondo alle proprie riserve. Ma dobbiamo considerare
come dicevo sopra che il potere non è un organismo perfettamente
sincronizzato, e l’Europa ne è un perfetto esempio. Anche i potenti
possono commettere errori di valutazione. Quindi potrebbe anche essere
che queste misure non saranno sufficienti a calmierare la situazione.
Basti pensare al gran numero di migranti irregolari che non avranno
diritto a niente, o ai lavoratori in nero o a chi si guadagna il pane
alla giornata; è probabile che ben presto cominceranno ad esserci dei
conflitti tra poveri per l’accesso agli aiuti degli enti di carità e di
assistenza. Il Italia esiste un’intera fetta della popolazione
(soprattutto al Sud) che fa riferimento ad un’economia “sommersa”, che
sembra il governo, e più in generale i tecnocrati vari, non stiano
tenendo in considerazione, talmente hanno la mente offuscata da cifre e
statistiche sull’economia “ufficiale”.
In altri paesi governanti con un po’ più di senno (o di istinto di
autoconservazione?) hanno fin da subito bloccato il pagamento di mutui e
bollette, fissato i costi del cibo, in alcuni casi tassato i più ricchi
(come nel caso del Salvador). Certo laggiù le possibilità di sollevanti
sociali sono certamente più concrete, ma resta il fatto che anche da
queste parti si stanno creando le condizioni per una vera e propria
bomba sociale. Se saranno in grado di acquietare le coscienze riempendo
le pance e le bocche di carote, o se dovranno ricorrere presto al
bastone per tenere sotto controllo la situazione, lo vedremo di qui a
poco, visto che la fine della reclusione non sembra prossima.
A breve termine è anche probabile che le carceri esploderanno di nuovo, poiché le risposte alle rivendicazioni e alle esigenze dei detenuti messe in atto da Dap e governo non credo saranno in grado di calmierare la situazione per molto. Ci sono notizie di un aumento di contagi all’interno delle carceri, sia tra detenuti, sia nel personale medico, persino di morti. Non farsi cogliere impreparati di fronte a questa probabilità, ma cominciare già da ora a riflettere su come intervenire (essere presenti in zona per aiutare in caso di evasione a far perdere le tracce ax evasx? Bloccare le strade per le quali giungeranno i rinforzi sbirreschi? Colpire altrove?) mi sembra più che mai auspicabile.
Una volta usciti dalla crisi attuale possiamo poi dare quasi per
certo il fatto che si aprirà un periodo di riassestamento, sia dal punto
di vista economico-politico, sia dal punto di vista sociale.
L’economia sta avendo già da ora i suoi problemi, e i vari governi
stanno mettendo in circolo gradi quantità di capitali per correre ai
ripari. Una volta usciti dalla crisi tenteranno in tutti i modi di
risollevare i consumi e le economie nazionali per favorire una nuova
crescita. Nuovi progetti e devastazioni verranno messe i opera a questo
scopo in tutto il mondo, peggiorando ulteriormente la situazione
ambientale. Rilanciare la crescita, costi quel che costi, sarà il diktat
attuato un po’ ovunque e appoggiato da tutte le forze politiche.
La UE potrebbe, nell’affrontare questo e altri problematiche, realmente e
finalmente entrare in crisi. L’incapacità di quest’organismo
sovrastatale di adottare delle misure necessarie per superare la crisi
sta essendo dimostrata anche in questi ultimi giorni nelle discussioni
tra il governo e i poter forti dell’Unione. Il divario tra Europa del
nord e paesi del sud si accentuerà, aumentando i contrasti e la
lontananza tra gli stati. Pensiamo per esempio al fatto che per aiutare i
paesi in difficoltà come l’Italia (un paese con uno dei debiti pubblici
più grandi del mondo e tenuto a galla solo dalla constante immissione
di capitali da parte degli altri stati dell’Unione) i tecnocrati europei
hanno avuto il coraggio di proporre come soluzione l’utilizzo del MES,
ovvero quel fondo “salva-stati” che potremo definire senza remore un
sistema di strozzinaggio istituzionalizzato. Basti guardare in che
condizioni ha ridotto la Grecia con il suo intervento.
Questo scenario potrebbe rivelarsi sicuramente interessante, perché
aprirebbe le porte ad un periodo di grande instabilità economica per i
paesi periferici della zona euro, così come per l’Italia, che
rischierebbe sicuramente il default se non trovasse velocemente un nuovo
alleato in grado di sostenerne il debito. E qui potrebbero entrare in
gioco la Russia, o più probabilmente la Cina, gli unici paesi in grado
di comprarne il debito. Non mi spingo oltre nelle previsioni perché non
sono un economista, ma penso che possiamo immaginarci facilmente cosa
possa succedere nel diventare dei vassalli di potenze economiche che
hanno tutto l’interesse nel crearsi una testa di ponte in Europa e
conquistarne sempre più i mercati, potenze che di certo non sono in
prima fila nella difesa delle “libertà democratiche” o dei cosiddetti
“diritti dell’uomo” (concetti completamente svuotati di senso all’oggi,
certo, ma ci siamo capiti).
È probabile che contemporaneamente e contestualmente a questo ci
saranno delle proteste legate alle conseguenze che le odierne misure
avranno comportato: proteste del comparto produttivo, industriale e
agricolo in primis, ma anche delle piccole imprese; proteste degli
operatori dei servizi come il turismo o dei trasporti che usciranno da
questo momento di blocco totale in grande difficoltà; proteste dei
precari, di chi ha visto in queste settimane sfumare i pochi risparmi
messi da parte nel tempo con grande difficoltà. Proteste nella e per la
sanità, per denunciare anni di tagli che hanno inevitabilmente
contribuito ad aggravare e ad accelerare il collasso delle strutture
sanitarie durante le fasi peggiori della pandemia. Proteste nel mondo
dell’istruzione, per la mancanza di fondi e di mezzi con cui si è dovuta
affrontare la chiusura di scuole e università e lo spostamento completo
della didattica sul piano telematico e multimediale.
Accanto a questo potrebbe succedere che molta gente cominci davvero a
mettere questo sistema in discussione. Oltre a quelli che lotteranno
solo per ripristinare le condizioni di vita precedenti alla pandemia, o
per veder cambiare un paio di volti nelle sfere del potere, o per un
welfare migliore e migliori servizi al cittadino, ci sarà forse anche
chi comincerà a pretendere cambiamenti più strutturali nel sistema di
produzione e di consumo. Le cause di questa crisi sono sotto gli occhi
di tuttx (altrx le hanno indicate e descritte lungamente in questi
ultimi tempi, quindi eviterò di ripeterle), e nonostante moltx
continueranno a tenere la testa sotto la sabbia, reputando troppo
complicato e faticoso immaginare una maniera diversa di abitare il
pianeta, altrx stanno già cominciando a porsi interrogativi a cui la
politica, o i vari movimenti riformisti, non saranno in grado di dare la
una risposta. Una parte di queste persone sono già attive in
organizzazioni o associazioni ambientaliste, o in movimenti ecologisti
come Fridays for Future, o Extincion Rebellion. Molte di esse potrebbero
rapidamente radicalizzarsi ed essere disponibili a forme di lotta più
conflittuali.
A quel punto si potrebbe creare una spaccatura sociale tra chi chiederà a
gran voce un ritorno alla normalità, il salvataggio l’economia e il
mantenimento di uno stile di vita consumistico, e chi invece vorrebbe
mettere tutto in discussione. Le differenze di prospettiva
accentuerebbero le già evidenti divisioni sociali, portando così ad uno
scenario da guerra civile. Vorrei che si tenesse presente la reale
possibilità che quest’eventualità si manifesti, presto o tardi, perché
ci si cominci a riflettere seriamente. Immaginare di lottare, anche
all’ultimo sangue, con le forze della repressione, polizia, esercito, o
militanti di estrema destra che siano, contro le quali si è allenato
l’odio e il disprezzo, è sicuramente più facile che pensare a
combattimenti fratricidi, in cui il nemico potrebbe essere x vicinx di
casa, x parenti o x vecchix amicizie. Quando una situazione si
radicalizza all’estremo, ovvero quando i termini dello scontro in atto
sono inconciliabili, si arriva ad uno scontro che può risolversi
figurativamente solo con l’espressione, semplicistica ma realistica, del
“o te o me”. Quando la posta in gioco sarà il futuro di questo pianeta e
le forme di sopravvivenza che si dovranno adottare per sopravvivere
(per esempio stato totalitario o rivoluzione) fino a che punto sarà
opportuno essere pronti ad affrontare questo scenario fino alle sie
estreme conseguenze.
Comunque, un’altra conseguenza del possibile eclissarsi dell’UE dal
panorama geopolitico e di cui già di parla anche a livello istituzionale
è certamente quella di un possibile rafforzamento dei nazionalismi, e
più in generale dell’estrema destra. Stiamo già assistendo da alcuni
anni al lento e inesorabile spostamento a destra dei governi di molte
nazioni, causato sia dall’incapacità dell’UE di essere altro che un
organismo a tutela degli interessi dei paesi economicamente più forti
attraverso quello che è stato definito “un nuovo colonialismo economico”
attuato ai danni dei paesi “deboli” dell’Unione, sia dalle conseguenze
della “crisi dei migranti”. Spariti ormai dalla coscienza del cittadino
medio i concetti di ottocentesca memoria come “solidarietà”,
“uguaglianza”, “fratellanza umana”, o i più religiosi “pietà o carità
cristiana”, le popolazioni europee si stanno abbandonando alle loro più
meschine paure, foraggiate da leader e destrorsi vari, con l’aiuto
terroristico di media e social. Gruppi di estrema destra già pattugliano
i confini balcanici dell’Europa, addestrandosi nelle tecniche di
sopravvivenza e guerriglia. In questo momento di paranoia pandemia, essi
stanno già gongolando all’idea delle possibili conseguenze
socio-politiche, allertando i propri membri a tenersi pronti. È
abbastanza certo infatti che la colpa di questa crisi sarà affibbiata da
molti agli spostamenti incontrollati di persone e popolazioni, con un
conseguente aumento xenofobico. Le frontiere della già soprannominata
Fortress Europe diverranno con ogni probabilità ancora più sorvegliate e
impenetrabili per le masse di disperati che da anni spingono al loro
esterno per accedere ad aspettative di vita migliori (e forse anche
quelle al suo interno non saranno più attraversabili come siamo stati
abituati con Schengen).
Sappiamo che questi gruppi di destra sono più preparati ed equipaggiati
di noi ad affrontare uno scenario in cui lo stato non dovesse essere più
in grado di reggere le redini della situazione. Ma questo non è una
sorpresa, giusto? Sono anni che da più parti giungono allarmi circa il
mobilitarsi dell’estrema destra in tutto il continente. A questo
proposito sarebbe il caso di incominciare un serio lavoro di ricerca e
di mappatura che permetta di intervenire in tempo per disinnescare
questo pericolo quando esso cercherà di mettere fuori la testa dal buco.
In Germania si lavora da anni in questo senso, con l’aiuto fondamentale
di nerd da tastiera che pubblicano continuamente indirizzi, targhe,
proprietà degli appartenenti ai movimenti di destra. Un serio lavoro in
tal senso sarebbe di certo utile anche da queste parti. Comunque, anche
in questo caso lo scontro potrebbe rapidamente volgere verso livelli di
violenza a cui non si è generalmente abituati.
Infine (almeno per quanto riguarda le mie capacità immaginative), la
normalizzazione dello stato di emergenza, il rafforzamento e il
consolidamento degli strumenti di controllo, e la fine delle
pseudo-libertà democratiche è un’altra possibilità su cui scommettere
senza rischio di essere tacciati per pessimisti. In questo caso i
processi in atto di digitalizzazione e di ipertecnologizzazione della
produzione e della vita avrebbero di certo un’enorme accelerazione. Il
potenziamento della connettività balzerebbe immediatamente al primo
posto dell’agenda dei potenti e la rete 5G sarebbe attuata in tutta
fretta per permettere i necessari ammodernamenti logistici e produttivi.
La quarta rivoluzione industriale ci piomberebbe addosso senza neanche
il tempo di rendercene conto, e l’agricoltura di precisione con i suoi
droni, sensori e piante modificate sarebbero l’unica possibilità per
sostenere il fabbisogno alimentare in un mondo svuotato dagli umani.
Vivere in casa diverrebbe la normalità, si lavorerà e si socializzerà
attraverso il computer, si faranno acquisti in rete, robot di ogni tipo
circoleranno per le strade e le abitazioni al posto nostro per compiere
qualsiasi genere di mansione fondamentale, dalle riparazioni alla
consegna del cibo.
Per chi è cresciuto a pane e distopie, non è difficile immaginarsi un
futuro così. In realtà, è la direzione verso la quale le cose si stavano
muovendo anche prima di quest’emergenza, solo che si realizzerebbe
prima e con meno ostacoli dal punto di vista dell’opposizione umana. Se
venisse presentata come l’unica possibilità di salvezza per il genere
umano e per il suo moderno stile di vita, a chi verrebbe in mente di
protestare? Sono decenni che il nostro immaginario è bombardato da
centinaia di film, libri, fumetti, serie televisive che descrivono
futuri catastrofici, crisi ambientali, e società futuristiche
tecnocratiche e autoritarie, quindi il loro avverarsi potrebbe non
generare nessuno shock, e quindi nessuna reazione abbastanza disperata
da impedirlo.
In tutti questi scenari le possibilità di intervento sono molteplici, a seconda della fantasia e delle modalità d’azione scelte sulla base dell’approccio di ciascuno alla lotta e all’esistenza. Come si dice, a ciascuno il suo. Una cosa però vorrei che fosse chiara: non ho descritto questi possibili prossimi scenari per suggerire di attendere fino alla loro apparizione per passare all’azione. Motivi e pretesti per agire sono presenti numerosi anche in questo momento di clausura forzata, come lo erano prima. Anzi, le condizioni potrebbero essere persino più favorevoli ora che in futuro visto che le strade sono vuote e le forze dell’ordine stanche e impegnate su molti fronti. Ogni giorno che passa si aggiungono all’elenco degli impedimenti da superare nuove misure restrittive, così come nuovi strumenti di controllo. Oggi i droni pattugliano i parchi pubblici manovrati da Municipale e Polizia Locale, domani chissà…
Ritorno alla normalità?
La domanda che sorge spontanea è se anche i cosiddetti rivoluzioni o sovversivi che dir si voglia stiano aspettando un ritorno alla “normalità” del dominio di cui si aveva esperienza prima della crisi pandemica che stiamo vivendo per riprendere le conflittualità con l’esistente. Perché come qualcunx ha già ben messo in chiaro, questo non ci sarà, o almeno, non sarà più la normalità a cui eravamo abituati (e che si dichiarava di voler sabotare). Ed è bene cominciare a prepararsi anche a questo. Le condizioni e i parametri con cui eravamo abituati ad analizzare la realtà per pianificare il più semplice intervento potrebbero semplicemente non esserci più. Per fare un paio di esempi banali quanto emblematici, a chi dare un volantino quando le strade sono vuote e in coda al supermercato si deve tenere una distanza di un metro tra persona e persona, considerando che forse quel supermercato sarà oltretutto presidiato dalla celere (come già succede in alcune località del sud Italia)? Chi leggerà una scritta su un muro o uno striscione appeso su un cavalcavia? E i droni che pattugliano il cielo spariranno alla fine dell’emergenza? I movimenti continueranno a venire tracciati con le app del controllo? E che obiettivi praticare, quando un sabotaggio ferroviario o l’incendio di un traliccio verranno additati dai più come opera di sciacalli che vogliono trascinare il mondo nel caos? Si avrà il coraggio di perseguire i nostri sogni di distruzione fregandocene di consenso e comprensione, quando forse basterà una piccola spintarella per gettare ciò che resta di questo sistema nel baratro? A queste domande è quanto mai urgente che ognuno si dia al più presto delle risposte, anche a partire dalle ipotesi e dagli scenari sopra ipotizzati (e dai tanti altri immaginabili). Che questo mondo sia destinato a crollare è la speranza della nostra generazione in questo nuovo millennio di scompensi climatici e ristrutturazioni del dominio. Che questo avvenga a causa delle conseguenze di questa pandemia o piuttosto per un’altra più terribile e spaventosa catastrofe, sarà anche per merito di individui coscienti che, armata la propria volontà, faranno in modo che da questo crollo fiorisca la possibilità di un altro modo di vivere in società e di abitare questo pianeta. Perché se ammettiamo che oggi più che mai il futuro non è scritto, allora oggi più che mai è il momento di agire, lasciandosi alle spalle tentennamenti e dubbi, per dare forma e sostanza a decenni di speculazioni teoriche, e lanciarsi finalmente verso l’ignoto di un mondo miracolosamente sconosciuto.
Il futuro non è scritto – un contributo sui possibili sviluppi della situazione attuale