[ITA]
19 dicembre 2013
tradotto da http://zad.nadir.org/spip.php?article2051
Prossimo incontro dei comitati locali:
sabato 18 gennaio 2014 dalle ore 10 alle ore 19 a Fay-de-Bretagne.
Manifestazione a Nantes: 22 febbraio 2014
Dicembre 2013, dalla ZAD di Notre Dame des Landes
Cari comitati, eravamo in diversi a sentire il bisogno di scrivervi dal movimento d’occupazione sulla ZAD. Qualche mese fa, in un atmosfera di tregua, grazie alla forza della solidarietà combattiva dell’autunno scorso, molti di noi intravedevano la possibilità di un abbandono del progetto aeroporto. Immaginavamo già cosa sarebbe diventato il futuro della zona in termini sociali, agricoli e politici. Se queste riflessioni erano allora cruciali e ci aiutavano a dare un nuovo soffio alla lotta e un sovrappiù di senso al movimento, sentiamo oggi un ritorno di tensione.
I pro-aeroporti, prefettura, Vinci e consociati riprendono vigore: annunci di “venti di guerra”, commenti vittoriosi sul rifiuto dei ricorsi a livello europeo, fughe su possibile spiate, pubblicazione prossima dei decreti della prefettura necessari per “migliorare il progetto”, rapporto dubbioso della Direzione Generale dell’Aviazione Civile sul costo di mantenimento dell’aeroporto attuale di Nantes, preparazione del trasferimento delle razze e dei lavori sulla rete stradale, autorizzazione europea al governo francese di sbloccare 150 milioni di euro per la costruzione dell’aeroporto… Il cielo che si scurisce in questo inizio d’inverno è ofuscato da sporchi rumori e segnali convergenti. Ci richiama alla necessità di focalizzarci seriamente sulla possibilità dell’avvio dei lavori, fin dall’inizio dell’anno, accompagnato o preceduto da nuove offensive poliziesche. Con questa lettera vogliamo far fronte al più urgente, fare il punto sulle minacce che pesano sulla ZAD e sulle prospettive di azioni, manifestazioni e reazioni nei mesi a venire. Abbiamo infatti la sensazione di non essere sempre riusciti a trasmettere il punto della situazione fin dalla fine dell’occupazione poliziesca, o in maniera frammentaria. Vediamo che, da lontano, non è sempre facile capire cosa sia successo nel bocage.
Prima di proseguire, ricordiamo che non parliamo a nome dell’insieme del “movimento di occupazione”, entità multipla ed eterogenea, senza rappresentazione unificata (e menomale!). Cercheremo comunque nella seconda parte di fare risuonare fino da voi alcune voci di occupantx: speriamo così di rilanciare i dialoghi e gli scambi necessari per progettare insieme il seguito. L’inizio dell’anno 2014 sarà senza dubbio decisivo e bisogna prepararsi di conseguenza. Non potremmo vincere le battaglie che si annunciano senza contare sulla forza d’insieme di tutti i comitati. Uno degli obiettivi importanti di questa lettera è per altro l’invito ad un incontro con i comitati locali, specialmente quelli che sono vicini geograficamente, il sabato 18 gennaio 2014 (luogo vicino alla ZAD da precisare) in vista della preparazione di prossime azioni comuni.
Essere all’altezza della minaccia
Nel momento in cui scriviamo, l’annuncio del calendario della prefettura riguardante la messa in opera del progetto aeroporto è ancora in sospeso. Tuttavia, le grandi tappe a venire, per loro, sono oggi un po’ più chiare, e le nostre reazioni anche!
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Vietare lo spostamento delle razze e la compensazione
Durante il periodo dell’anno precedente gli sfratti, gli esperti della compagnia privata Biotope sono stati generosamente rimunerati da Vinci per elencare le razze animali presenti sul sito della ZAD. Si trattava di stimare e cifrare, secondo i loro criteri, il valore del bocage di Nantes e di applicarvi delle quote di compensazione. Per ottenere il privilegio di rompere là dove viviamo, espellere e regolarizzare i tritoni a cresta ed altre specie “preziose”, spostare certi alberi morti che danno riparo ad insetti di ogni genere, rifare qualche centinaia di metri di siepi, prati umidi e scavare decine di stagni. Logicamente, dovevano farlo nelle regioni limitrofe, su terreni comprati o affittati a quello scopo. Ma dato che, nella loro logica tutto è compensabile, non importa né dove né come, è per loro possibile “rispettare” le loro quotazioni operando dall’altra parte della Francia e anche all’estero.
Aldilà dell’aeroporto di NDDL, si tratta della messa in opera di tecniche ingegneristiche ecologiche, largamente sperimentali ed emblematiche del greenwashing moderno, che potrebbe servire da modello e legittimazione sulla fattibilità di altri progetti di questo tipo. Per le compagnie come Vinci, si tratta di acquisire il diritto di inquinare e distruggere. Le imprese mercenari come Biotope o Derveen si incaricano di legittimarlo. La compensazione incarna una logica amministrativa che pensa di porre parametri e quantificare l’intero habitat. Noi intratteniamo un altro rapporto con i boschi, bocage e sentieri, con le storie presenti e gli esseri viventi che abitano il nostro quotidiano. Questi legami sensibili e il savoir-faire, strumenti, armi e affini, risorse o ricoveri non si lasceranno spianare. Rifiutiamo assolutamente che le nostre vite siano scassate e frazionate all’infinito in equazioni sapienti secondo i principi economici in vigore.
La messa in opera dello spostamento delle razze e della compensazione significherebbe l’inizio dei lavori del futuro aeroporto. Devono teoricamente operare prima del 31 marzo per “rispettare i cicli biologici”. Impedirglielo sarà dunque ritardare considerevolmente questa fase, necessaria ed emblematica per loro, dei lavori dell’aeroporto. I primi stagni scavati di recente sono già stati richiusi. In un comunicato comune (visibile sul sito zad.nadir.org), gli oppositori all’aeroporto chiedono di venire a bloccare i lavori di compensazione sul posto per quelli che possono o a protestare con azioni adeguate davanti ai municipi, prefetture o uffici locali di Vinci. L’allerta sarà diffusa largamente in caso di lavori. State allerta!
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Sbarrare la rete stradale
I lavori all’aeroporto dovrebbero iniziare con la costruzione di una rete stradale, atta a servire e collegare le 4 vie Nantes-Rennes e Nantes-Saint-Nazaire per ampliare l’intreccio stradale urbano. I due progetti, aeroporto e rete stradale sono congiunti, inscindibili e distruttori in tutti due i casi. Uno potrà servire domani a giustificare la necessità di finire l’altro. Sul terreno, siamo d’accordo dunque sulla necessità di reagire in massa fin dalla messa in opera dei primi cantieri della rete, a priori specialmente la costruzione di uno svincolo lato est. Una grande manifestazione di blocco del cantiere come pure la messa in opera di un campeggio di resistenza vicino iniziano ad essere discussi (per maggiori informazioni e cartine stradali dettagliate sui lavori a venire, vedere documenti disponibili sul sito di zad.nadir.org).
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Nel caso di offensiva poliziesca e seconda ondata di sgomberi, moltiplicare i fronti
In caso di massicce offensive poliziesche, gli appelli sono sempre per l’occupazione dei municipi, prefetture e luoghi di potere un po’ ovunque in Francia. Naturalmente l’arrivo dei rinforzi e approvvigionamenti sulla zona, come nell’autunno 2012, sarà cruciale. Prendendo spunto delle azioni dei contadini solidali durante le giornate decisive del 23 o 24 novembre scorso, ci sembra possibile di lavorare fin d’ora ad un blocco degli assi stradali e dei flussi economici essenziali della regione che possa essere messo in opera il giorno X. Diverse opzioni sono da prendere in considerazione fin d’ora per organizzarci in modo decentralizzato: barriere filtranti, operazioni lumaca, picchetti, azioni congiunte con i contadini locali… Questa prospettiva permetterebbe a tutti quelli che non si potranno recare sulla ZAD di manifestare efficacemente il loro sostegno e la loro collera, forzando la prefettura ad operare su due fronti, mettendo in difficoltà lo spostamento delle sue truppe, aumentando di colpo il risvolto economico dell’operazione e l’impatto diretto della solidarietà fuori della ZAD. Se siete un comitato vicino geograficamente, siete invitati a partecipare al blocco della regione preparandolo a monte e coordinandovi. Se siete distanti, l’appello all’occupazione dei luoghi di potere rimane invariato.
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Manifestazione del movimento a Nantes il 22 febbraio
Una grande manifestazione con tutti i componenti del movimento anti-aeroporto sarà organizzata a Nantes il 22 febbraio, poco prima dei due turni delle votazioni comunali. Sia che questa manifestazione abbia luogo in un contesto di resistenza a lavori già iniziati sia a monte, darà sicuramente una visibilità forte e massiccia al movimento di opposizione all’aeroporto. Al momento dello spostamento delle razze, ci sarà di nuovo una visibilità del bocage sulla metropoli di Nantes. Notiamo intanto che le colonne portanti dei verdi, così loquaci quando i proiettori puntavano su Notre-Dame des Landes, si dimostrano così discreti quando devono negoziare sulle liste comunali con il PS per le votazioni comunali.
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Incontro dei comitati locali il 18 gennaio
Per costruire insieme l’azione, siete invitati con all’ACIPA e COPAIN 44 ad una grande assemblea dei comitati locali (in particolare quelli della regione, ma non solo) il sabato 18 gennaio 2014 dalle h. 10 alle h. 19 a Fay-de-Bretagne. Per informazioni, scrivere a reclaimthezad @ riseup . net
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Ritorno al futuro – Un po’ di storia recente
Nell’autunno 2012 il governo lanciava l’operazione César e mandava 2000 poliziotti a sgomberare la ZAD di Notre-Dame des Landes dove Jean-Marc Ayrault, Vinci & C° sognavano di costruire un futuro aeroporto. Ma la resistenza sul terreno -con grandi rinforzi di barricate, proiettili, scalate negli alberi o ricostruzione incessante di capanne- scatenava un immenso movimento di solidarietà e di azioni in tutta la Francia e oltre. Il 17 novembre, dopo un mese di sgomberi, 40.000 persone edificavano, in un grande cantiere collettivo, uno spazio di organizzazione e vita sulla ZAD: la chateigne. Un piccolo paese di legno con somiglianze western fangoso, su pali di legno e sentieri con panelli squadrati, una cucina, una no-taverna, dormitori, una grande sala riunioni, un laboratorio e un’infermeria…
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Fine dell’occupazione militare e commissione di dialogo
Il 24 novembre 2012, dopo nuove giornate di scontri nella foresta di Rohanne dove gli squatters erano raggiunti dagli abitanti dei borghi intorno e sostenuti dal blocco dei grandi assi della regione con decine di trattori, e una manifestazione di 10.000 persone a Nantes, il governo decideva di interrompere momentaneamente le spese. La sera stessa lanciava una commissione di dialogo, non per eventualmente rimettere in discussione il progetto, ma semplicemente “per meglio applicarlo”. In attesa delle conclusioni della commissione, glisgomberi erano fermi. Ma il governo non pensava minimamente di lasciare il terreno, mantenendo la pressione per mezzo di occupazione militare agli incroci stradali della zona. Per 5 mesi, compagnie di gendarmi mobili si alternavano di continuo per bloccare il viavai, il trasporto del materiale, per controllare e perseguire arresti mirati. Si trattava di dividere la zona sperando di aizzare tensioni interne, e di rendere invivibile il quotidiano, isolandoci. La loro strategia fu parzialmente neutralizzata dall’astuzia e la testardaggine di tutti quelli che continuarono a fare passare il necessario dai campi e nel fango, tormentare i blocchi, prenderli in giro o a girarli intorno per allentare la morsa. Durante tutto questo periodo numerose nuove capanne e case furono ricostruite e barricate e trincee erano mantenute su certi assi strategici e specialmente sulla D281, strada ancora adesso disseminata da posti di guardia, costruzioni varie e chicane. L’11 aprile 2013, qualche giorno prima della nuova grande manifestazione per l’occupazione di terreni, la commissione di dialogo rimetteva il suo rapporto e condizionava la ripresa dei lavori a nuovi studi, soprattutto a proposito delle compensazioni ambientali e agricole. In seguito a questa temporizzazione, la tattica di occupazione poliziesca, insostenibile e costosa, avvelenando la vita dei dintorni e sempre più recriminata, stava finalmente per finire. Il 15 aprile 2013, due giorni dopo un primo ritiro, i poliziotti attaccavano l’incrocio occupato questa volta dagli abitanti della ZAD, causando nuovi scontri. Da allora il checkpoint non è stato più rimesso.
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Una stagione rinviata?
Senza minacce di grandi operazioni di espulsione nell’immediato, siamo entrati in una nuova fase di lotta. Per loro si trattava solo ufficialmente di un ritardo nei lavori, il tempo di tener conto delle raccomandazioni delle diverse commissioni che avevano consegnato i loro rapporti ad aprile: erano pronti a ritornare per terminare i lavori nella zona. Noi eravamo tutti d’accordo invece di non abbassare la guardia e di sostenere alla grande la mobilitazione. Durante questi mesi di “tregua”, la zona si è trovata altri ritmi e nuove modalità di lotte. Nuove scommesse e ambizioni si sono sviluppate:
– dinamica del “Semina la tua ZAD”- valutazione e messa in opera di diversi progetti agricoli, approfondimento delle riflessioni in seno alla partizione e alla messa in coltivazione delle terre…
– cantieri e riflessioni sulle strutture collettive e habitat della ZAD,
– vigilanza permanente per non lasciare riprendere i lavori preliminari al progetto aeroporto e alla rete stradale,
– rafforzamento dei legami tra i diversi componenti della lotta e gli abitanti del luogo,
– solidarietà con tutti quelli che dovranno subire un processo nei mesi a venire o che sono già passate a giudizio,
– sostegno ad altre ZAD come quella di Avignone, partenza di carovane collettive verso l’incontro con altri spazi di resistenza…
Diventando fragile il progetto aeroporto, è necessario iniziare ad immaginare e costruire quello che potrebbe diventare la zona dopo la fine del progetto aeroporto. In caso di abbandono il rischio più grande sarebbe che le normative riprendessero il sopravvento, allontanando la gente, i modi di vita, gli habitat e le forme di cultura eversiva che si esprimono oggi con ricchezza. Sono da temere diverse opzioni: ridistribuzione delle terre a beneficio di agricoltori avidi, creazione di spazi verdi tipo Natura 2000, programmi di urbanizzazione o di sviluppo di zone commerciali pre-urbane. Per rimediare ci siamo adoperati nei mesi scorsi ad infittire i legami e le pratiche collettive mai assoggettabili a queste logiche.
Ecco un sommario di qualche tema importante d’azione o riflessione che hanno caratterizzato gli ultimi mesi:
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Trivellazione e stagni, sblocco della D281 e dialogo alle masse: resistenza sul terreno.
Durante tutti questi mesi, l’impotenza della Prefettura nell’operare sulla zona è stata sempre più evidente. Durante diverse passeggiate di riconoscimento sul tragitto previsto per la rete stradale, sono stati strappati dei paletti piantati dai geometri. In marzo 2013, in piena commissione di dialogo, dei pali elettrici posati nel quadro di un cantiere in previsione dei futuri lavori sono stati frantumati a colpi di piccone da un centinaio di persone. Non sono stati ancora rimessi a posto.
In giugno, AGO ha tentato di realizzare delle perforazioni per effettuare misurazioni sulla falda freatica con grande dispiegamento di polizia. Erano necessarie alla valutazione delle misure di compensazione. Dopo una settimana di estenuanti lavori di sistemazione, le perforazioni sono state sabotate in poche ore, con l’approvazione dell’insieme del movimento, considerando che questi studi miravano solo a legittimare il progetto aeroporto.
La settimana dopo, la Prefettura tentava di bloccare definitivamente la circolazione sulla D281. Argomentando il fatto che questa strada sarebbe diventata troppo pericolosa e che doveva comunque sparire nel quadro della costruzioni dell’aeroporto, le autorità hanno inviato dei macchinari per bloccare gli accessi con dei guardrail in calcestruzzo e dei grossi blocchi di roccia. Due giorni più tardi, la strada era riaperta con l’aiuto dei trattori. Lo è ancora adesso.
Recentemente, gli occupanti hanno scoperto una scavatrice che stava scavando una buca per fare uno stagno della cosiddetta “compensazione ecologica”. Dopo una piccola discussione con il conduttore, ha ricoperto immediatamente la buca in questione.
Se, sul posto, i portatori del progetto hanno grande difficoltà ad operare, l’intensità delle poste in gioco esterni e la fatica post-sgomberi si sono manifestati con la difficoltà di uscire dalla zona. Difatti, poche nuove azioni offensive all’esterno della zona sono state compiute dal movimento di occupazione dal tempo degli sgomberi. Il ruolo dei comitati di sostegno su quel piano è essenziale.
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Le dinamiche contadine: verso terre e pratiche comunitarie?
Nel 1972 è stata creata l’ADECA, un’associazione di difesa dei contadini riguardante l’aeroporto. Durante 40 anni gli agricoltori della ZAD, raggiunti nel 2000 dall’ACIPA (Association Citoyenne Intercommunale des Populations concernées par le proget d’Aeroport de Notre-Dame des Landes) e altre associazioni, hanno moltiplicato le azioni, studi, informazioni pubbliche… Nel maggio 2011, la cascina du Sabot, fu il primo progetto agricolo occupato, iniziato durante una grande manifestazione pubblica del movimento di occupazione sulla ZAD. Il Sabot metteva rapidamente in opera un mercato per contribuire ad alimentare la gente nei d’intorni, quella di questa lotta ed altrove. A questo punto rimaneva una scarsa decina di contadini storici della ZAD ad aver fatto la scelta di rimanere e di rifiutare le compensazioni. Espropriati, diventavano di fatto anche loro squatters.
Nel 2011, diverse organizzazioni agricole della regione si raggruppavano per creare COPAIN 44, animato da contadini che non hanno terre sulla ZAD ma pronti ad opporsi con ogni mezzo al progetto aeroporto. Durante gli sgomberi e nei mesi successivi, la “banda di COPAIN” è stata su tutti i fronti, da Rosier alla Chat-teigne, e ha salvato in-extremis la distruzione di una cascina, “Bellevue”, diventato uno spazio di organizzazione e raggruppamento sul posto. I loro “trattori vigilanti” sono diventati una leva cruciale della lotta.
Dal dicembre 2012 l’assemblea “Semina la tua ZAD”, che raggruppa contadini di COPAIN, della ZAD, occupanti e attori dei comitati di sostegno, ha ingaggiato una riflessione sulla gestione collettiva delle terre disponibili sulla ZAD, come pure sui mezzi e i fini di una produzione agricola sgombra dai mali dell’agricoltura intensiva e del suo codazzo di istituzioni. Quest’assemblea prolunga le complicità nate sulle barricate e cerca di definire le basi di risposta di fronte ai conflitti e ai rapporti di forza che possono trascinare la questione delle terre e del loro uso… E’ un mezzo per ipotizzare il futuro contadino della zona e le forme di comunicazione e di solidarietà durature.
L’appello alla manifestazione “Semina la tua ZAD” del 13 aprile 2013 è stato il frutto di questi incontri ricchi e intensi. Qualche mese dopo l’azione collettiva di sostegno all’avviamento di una decina di nuovi progetti contadini, uno spazio comune di distribuzione dei raccolti, il “non-mercato”, ha luogo, una volta alla settimana sull’incrocio liberato chiamato “de la Saulce”, occupato in permanenza dai gendarmi durante i 5 mesi precedenti. Altre iniziative provenienti da quest’assemblea cercano per l’avvenire di tenere insieme le diverse dinamiche agricole e di dare loro un senso comune.
La scalata in potenza di questa dimensione ispirata dalla lotta è stata frutto di dibattiti politici e pratici accesi: difficoltà di coabitazione tra agricoltura convenzionale e desiderio di liberarsi delle pratiche agro-chimiche o di lasciare dei terreni incolti, volontà di permettere l’accesso ai terreni per i contadini e mantenere allo stesso tempo una protezione dei luoghi occupati, dibattiti critici sull’allevamento e sulla caccia… Queste divergenze hanno dato vita a conflitti, ma alla fine hanno preso il sopravento accordi più cordiali passo a passo. A tutt’oggi esistono terreni di coabitazione nella lotta, senza occultare le diverse posizioni e i mutamenti possibili delle diverse pratiche. Nel fine estate, l’avventura “Semina la tua ZAD” prosegue con questi esempi (tra gli altri):
– l’esistenza di un laboratorio di trasformazione dei formaggi alla cascina Bellevue,
– la semina di legumi con la decisione di lasciare certi ettari di terreno incolti,
– la coltivazione di ettari di grano da panificazione per alimentare la panetteria collettiva,
– la raccolta insieme di 10 tonnellate di patate con l’ausilio di due cavalli e qualche decina di persone, da distribuire nei diversi luoghi…
Altri progetti legati alla produzione alimentare si sono sviluppati nel quadro di “Semina la tua ZAD” come una serra di produzione di spirulina che rinasce dalle sue ceneri dopo un incendio volontario nel settembre scorso.
Da ottobre 2013, l’Adeca, Copain e “semina la tua ZAD” hanno deciso una nuova azione comune sui campi lasciati incolti da AGO-Vinci. L’obiettivo era di mettere in coltivazione 21 ettari in un giorno con un associazione di fertilizzante verde, piante da foraggio e grano da panificazione. L’ordinanza giudiziaria assurda ottenuta alla vigilia da AGO-Vinci proibendo ogni semina e piantagione sulla ZAD, non ha impedito in alcun modo il balletto dei trattori e la semina a spaglio, come la piantagione di nuove siepi per rendere più fitto il bocage. A novembre è iniziata la realizzazione di un arboreto, una rete di alberi sul tracciato di una rete stradale. Nelle settimane a venire si annunciano la piantagione di frutteti, la creazione di un gruppo che si occuperà di capre e montoni e un progetto “Risemina la tua Zad” allo scopo di riorganizzarsi collettivamente per nutrire la Zad, altre lotte e luoghi amici.
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Vivere sulla ZAD
Dalla grande ondata di espulsioni, numerose costruzioni sono nate, rafforzando così il movimento di occupazione. Si contano oramai più di sessanta luoghi di vita e di organizzazione collettiva – dalla “MJC” de la Wardine dove sono organizzati concerti e discussioni nella capanna individuale passando dalla piccola frazione (No Name, Vraies rouges, Chateigne) al villaggio aeroporto della stazione. Abbiamo anche visto emergere la cattedrale di bancali dei 100 nomi, il porto e la sua capanna galleggiante e oggi il dominio regale di youpi youpi. Un certo numero di collettivi esterni dell’Alvergna, del Limosino o di Rouen sono venuti a costruire le proprie baracche e palazzi, pied-à-terre sulla zona, condivisi sovente con gli occupanti permanenti. I parigini di Transfo hanno portato “la Transfu”, una baracca in kit, diventato un centro medico e auto-media. Questi luoghi vanno ad aggiungersi alle abitazioni e cascine ancora occupate dagli abitanti e i contadini della zona che non hanno voluto andar via. Certe case affittate e abitate si sono purtroppo svuotate in questi ultimi mesi sotto la pressione di AGO-Vinci che le ha immediatamente degradate: distruzione di scale, finestre e canalizzazione… La posta in gioco per il movimento è stata ad ogni volta di occuparle al più presto prima che fossero completamente saccheggiate, di barricarle o di proteggerle con dei trattori, e di restaurarle. E’ quello che è successo al Moulin de Rohanne, ai Domaines ou à la Freuzière, in queste ultime settimane. Si stima che più di 200 persone vivono in permanenza sulla zona, alle quali si aggiungono numerosi sostegni e amici di passaggio e la certezza che diverse centinaia altre persone potrebbero arrivare al più piccolo richiamo.
Per molti occupanti della ZAD, le espulsioni sono state un periodo folle e galvanizzante ma anche un momento di distruzione, di perdita di punti fermi e di sconvolgimento delle comunità esistenti. Nel susseguirsi di manifestazioni e appelli alla resistenza, l’anno scorso è stata l’occasione di un sacco di nuovi arrivi. Tanti lo constatano, ognuno al proprio modo: c’è più gente e capanne sulla ZAD che prima delle espulsioni, una forza collettiva provata di fronte all’operazione César, incontri magici e sogni, progetti per abitare e coltivare la zona a lungo termine. C’è stato nello stesso tempo la paura di marcire, un sentimento di dispersione, storie “malsane” e tensioni sotterrane che hanno potuto tradursi con miseri rigurgiti di identità e dogmatismo ideologico, violenze e pressioni da ogni parte. I mesi di espulsioni hanno anche portato l’arrivo di rinforzi di persone portatori di rivolte profonda, a volte marginale e precaria, che non bisognava rigettare, come ovunque.
Il grande trambusto degli ultimi mesi ha visto una serie di attriti tra vecchi, nuovi, sostenitori, rivieraschi, contadini e gruppi di passaggio. Ci sono stati conflitti su questioni di vicinato, sessismo, classe, uso di alcool e altre droghe, o questioni sulla lotta e l’accessibilità delle strade intorno alla ZAD. Trovare forme di coabitazione e autogestione su grande scala, in una “zona di non diritto” per lo Stato è uno dei rischi politici maggiori, insieme appassionante ed arduo per il movimento: come non chiudere gli occhi sugli imbrogli o rifuggirli, ma prenderli di petto e tentare di emanciparsi camin facendo rifiutando le istituzioni repressive, poliziesche, giudiziarie o psichiatriche? Altre peripezie hanno anche, a volte, intaccato il morale: incendi che hanno distrutto le strutture come Bison Futé, mitica torre di avvistamento installata sulla D281, il mercato coperto del carrefour liberato o la casa della Sécherie. La distruzione in seguito a principi d’incendi con la benzina di una casa occupata da tempo a livello dell’incrocio des Ardillères è stata evitata per un pelo. Dopo una mobilitazione collettiva e lavori di risanamento è ridiventata abitabile e ribattezzata Phoenix… Questi attacchi sovente oscuri, ma presumibilmente ad opera di gente chiaramente ostile alla ZAD hanno messo a dura prova la tenacia del movimento. Ma, alla fine, il Phoenix e il non-mercato esistono tutt’ora!
Se il sostegno da parte degli abitanti dei borghi intorno è stato impressionante durante le espulsioni, la circolazione sulla D281 ha generato dei blocchi. Certi rivieraschi erano esasperati da chicane e rallentamenti, e l’interazione con le persone non è sempre stata facile. Qualche occupante puntava il dito sugli automobilisti. affermando la loro volontà di conservare i dispositivi difensivi su questa strada in caso di attacco. In risposta, a fine estate, una riunione con gli abitanti del posto è stata organizzata in un borgo limitrofe alla ZAD allo scopo di incontrarsi, confrontarsi sui problemi reali e placare le anime da una parte e dall’altra. E’ stato una risposta efficace al sobillamento da parte della Prefettura per provocare tensioni e giustificare il suo ritorno in massa. Malgrado la strategia della tensione sviluppata dalle autorità, sembra oggi che gran parte degli imbrogli che potevano influenzare il quotidiano e rendere fragile il movimento, si sono placati. Basi di dialogo e solidarietà si rafforzano e l’alleanza ricca quanto a priori improbabile tra nuovi arrivati, vecchi del luogo e militanti di lunga data, tra associazioni e occupanti autonomi, anti-aeroporto e anti-capitalisti non si è sbriciolata. Questo fronte intrecciato non sarà spazzato via.
Come su ogni habitat pieno di vita, come su ogni lotta che ha messo le radici, c’è, arrivando sulla ZAD un tempo necessario di adattamento al tessuto locale, alle persone e ai modi di funzionamento. Se questo passo esige una certa umiltà, è indispensabile per i “vecchi” applicarsi per trasmettere. In questa prima fase post-sgombero, le esigenze immediate legate alla ricostruzione di ripari, al bisogno di riprendere piede o di risaldare i collettivi, hanno forse primeggiato sulla curiosità e il desiderio di incontrarsi. Eravamo sovente divisx tra entusiasmo per il passaggio, il sostegno costante e la depressione per il “turismo militante” lasciando il sentimento di essere super sollecitati senza lasciare legami duraturi. Del resto, importa molto a tanti di noi che la ZAD non si chiuda nella costituzione di un ghetto alternativo fine a se stesso ma peschi la sua forza nelle asperità e nelle frizioni con il mondo. Abitare insieme sulla ZAD non è solo questione di numero ma anche di intelligenza collettiva, di circolazione e coordinazione tra i gruppi… condivisione di storie e sguardi diversi. Non c’è mai stato e non ci sarà mai identità “zadista”, “occupanti” o “squatter” omogenei. Possiamo anche considerare una posta in gioco il fatto di non chiudersi in questa rappresentazione, di smurarla con i contadini e gli abitanti della zona diventati di fatto “squatter” e tutti gli altri che prendono parte al movimento.
Numerose strutture collettive sono state create o rinforzate: medic, radio pirata, gruppi automedia, laboratori di riparazione bici o di scrittura, di serigrafia… Il quotidiano è spesso punteggiato da cantieri più importanti (costruzione di termocamini o muri in terre crude, scalate o pulizie delle strade) e l’accoglienza di incontri su larga scala (batukada, media libri…). In questo inizio d’inverno è previsto tra l’altro l’installazione di un capannone di stoccaggio per “Semina la tua ZAD” sul sito della vecchia casa del Rosier o la costruzione di un impianto eolico vicino all’empire state building dei 100 nomi. Ogni lunedì il ZAD-news, bollettino di collegamento locale è portato nelle buche delle lettere dei diversi luoghi di vita con i suoi annunci, informazioni, agenda della settimana e testi di riflessione interni. Durante tutti questi mesi, i naturalisti in lotta hanno, dal canto loro, moltiplicato i loro andirivieni sulla zona, realizzando un lavoro di contro-inchiesta di fronte ai progetti di compensazione e di trasferimento delle specie.
La vita sulla ZAD è stata segnata anche dall’arrivo di avvenimenti di massa, organizzati dall’ACIPA con i comitati locali. Se il movimento di occupazione non si è avvicinato alla catena umana dell’11 maggio, durante il grande assembramento d’estate del 3 e 4 agosto, abbiamo visto persone della zona gestire vari stand o nelle cucine, mentre altre privilegiavano la messa in opera di un lavoro alternativo con grosse basi, sui campi vicini. Uno degli elementi strutturanti è il proseguire di assemblee a largo raggio che si riuniscono 2 volte al mese, dal gennaio 2013, le diverse componenti del movimento al fine di aggiornarci sulle strategie, prospettive e posta in gioco del quotidiano. Confermano la possibilità di organizzarsi a partire da una realtà comunemente condivisa, quella di abitare a più o meno lungo termine sulla ZAD e d’intorni ma anche con tutta la gente della regione o d’altrove che desidera partecipare alla riflessione e mischiarsi alle voci che risuonano nel capannone de la Vache-rit riscaldando l’atmosfera.
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La Chateigne
Nel dicembre 2012 un appello venne lanciato affinché i comitati locali e collettivi si alternassero a la Chat-teigne per portare le loro esperienze, i loro obiettivi e i loro mezzi; per arrichirsi delle resistenze altrui e perchè i collettivi potessero insegnare alla ZAD e inserirsi. Durante l’inverno e la primvera numerosi gruppi hanno risposto alla sfida e hanno formato dei convogli per venir a passare qualche giorno insieme nel bocage…
Si sono incrociati così a partire dalla chat-teigne dei cantieri di elettricità e grandi divertimenti – passeggiate anti-THT intorno ai piloni o passeggiate per farsi un’idea sulla futura rete stradale e gioiosamente togliere i picchetti
– esposizioni e trasmissione orale di storie della ZAD e della lotta da parte degli abitanti che resistono
– costruzione di capanne, di una cupola e pure di una villa con ossatura di legno o di un castello in kit nella zona
– resoconti collettivi sull’orto collettivo, le lotte dei contadini indonesiani e storie di movimenti ecologisti-radicali inglesi negli anni ’90,
– dinamiche femministe e laboratori tra donne,
– preparazione di azioni, manifestazioni e partenze collettive per la ZAD di Avignone,
– discussioni su cosa sarebbe una “vittoria” o sui grandi piani di gestione del territorio,
– mense di guerra e menù succulenti,
– laboratori di maschere e difese delle barricate, di massaggi o si samba,
– numerose feste, canti di (no) Tav-erne e danze da sfondare il pavimento… (gas da argille, settimana di media-libri, settimane “anti-speciste”).
Tutto questo ci ha permesso di incontrare gruppi di Lione, dell’alvergna, di Diois, di Digione, del Finistère, di Rennes, del nord-Nozay, dei Millevaches, di Parigi… e anche tanti altri campi di azioni: anti-carceri, gas da argille, anti-spessiste, media autonomi…
Quest’esperienza forte e singolare fa capire come la resistenza qui è stata in sintonia con le speranze e le rivolte disseminate un po’ ovunque. Tra l’altro diversi comitati locali venuti a la chat-teigne hanno testimoniato il fatto che il tempo passato sulla ZAD ha rappresentato per loro un momento prezioso di conoscenza di altre situazioni, di organizzazione insieme per rientrare più forti a casa loro. In maggio, un nuovo appello è stato lanciato ad altri collettivi per continuare ad occupare regolarmente la chat-teigne. Quest’ultimo appello non ha, per il momento, funzionato bene come in passato, e la chat-teigne è stata un po’ abbandonata. Dobbiamo purtroppo constatare che, aldilà delle riunioni regolari che vi hanno luogo, le energie locali non bastano a farla vivere al meglio. Approfittiamo quindi di questa lettera per rilanciare l’appello, dato che le discussioni portate dal passaggio di gruppi sono sempre cruciali, anche in tempi più calmi (per informazioni contattare: zad.presidio@@@riseup.net).
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Di fronte alla repressione
Fare fronte alla repressione non era affare da poco prima delle espulsioni e ha continuato ad esserlo anche dopo. Dopo ogni arresto, la legal team (squadra giuridica) ha fatto e continua a fare un lavoro di accompagnamento, sia comunicando con le persone arrestate, sia contattando gli avvocati, la famiglia, i parenti. Assicura un legame con le persone che rimangono in carcere, un sostegno morale e, a volte, anche finanziario.
Durante il primo mese dell’operazione César nell’autunno 2012, la prefettura che sognava ancora un espulsione HQE non ha provveduto ad arresti, ma si è accontentata di schedare, ferire gli oppositori e distruggere le case. Alla fine di novembre, le prime persone venivano arrestate da sbirri infiltrati che spingevano ad andare allo scontro passando dalle barricate. A partire da quel momento, in concomitanza con l’inizio dell’occupazione militare, gli arresti non si sono fermati, a volte anche a scapito di persone nuove sulla zona. Sovente avevano poche conoscenze delle diverse procedure e poco avvezze a difendersi davanti alla giustizia o a contare su appoggi collettivi. Capitavano anche scaramucce durante i tentativi di controllo all’incrocio o che occupanti della ZAD rispondessero alla pressione quotidiana tormentando puntualmente gruppi di gendarmi, a volte con feriti e nuovi arresti. E’ da notare che prima delle espulsioni, la maggior parte degli abitanti della zad aveva preso l’abitudine di non dare i documenti d’identità, durante i controlli, a volte con qualche ora infruttuose di verifiche, o durante gli arresti. Questa pratica si è diffusa con successo fino a diventare un’abitudine comunemente condivisa al punto di scoraggiare molte velleità poliziesche.
Che abbiano attivamente partecipato o meno, le persone arrestate duranti gli scontri sono state processate nella maggior parte dei casi per “violenza su agenti”, “partecipazione ad un assembramento dopo ingiunzione di disperdersi”, “rifiuto di sottomettersi al prelievo segnaletico e/o DNA” e regolarmente per “porto d’arma”. Le pene inflitte in questi casi sono tra 1 e 3 mesi di carcere con sospensione della pena per le persone con una fedina penale pulita. Le persone recidive o con iscrizione hanno generalmente fatto il carcere (tra 2 e 5 mesi). Le persone arrestate sono passate in maggioranza per direttissima (giudizio seguente immediatamente lo stato di fermo che non lascia il tempo di preparare la propria difesa). Le persone che rifiutavano la comparizione immediata (che è quasi consigliabile per poter beneficiare di condanne meno pesanti) hanno sovente subito un controllo giudiziario di diversi mesi fino al processo. Tutte le persone condannate per alterchi con gli sbirri hanno ricevuto automaticamente un divieto di presenza nel perimetro vicino alla ZAD (perfino nell’insieme del dipartimento?). Qualche amico contadino si è anche beccato un’ammenda o periodo di carcere con sospensione della pena per il rifiuto di ottemperare o utilizzo di armi contro le forze dell’ordine, l’arma in questione potendo essere anche un trattore. Numerosi processi hanno avuto luogo per rifiuto di prelievo del DNA e segnaletico.
In totale, 45 persone attive in questa lotta sono passate in processo a Nantes o a St-Nazaire tra ottobre 2012 e giugno 2013.Cinque compagnx sono stati rilasciati in seguito al processo e altrx 3 sono statx emendatx di certi capi d’imputazione a loro assegnati. D’altra parte, da l’inizio dell’anno, il numero dei processi collegati ad azioni di solidarietà alla lotta, ma che hanno avuto luogo in altre sedi, non cessano di crescere. Una ventina di persone e più sono state interpellate (Parigi, l’Aveyron, la Bretagna). Inoltre, convocazioni in questura in seguito ad azioni sopravvenute mesi addietro (soprattutto pedaggi gratuiti) non cessano di moltiplicarsi. Numerose persone hanno rifiutato di presentarsi alle convocazioni senza peraltro essere perseguite fin’ora, e per adesso dette convocazioni non hanno dato seguito a processi. Si può quindi considerare che, per quanto riguarda i pedaggi gratuiti, si trattava di mettere pressione su certi protagonisti di una pratica che si sta diffondendo, senza che Vinci o le autorità osino andare oltre. Si può dunque mettere questa situazione a beneficio del movimento e di un rapporto di forze abbastanza grande per rendere fragile certe velleità repressive. Non è peraltro impossibile che arrivino altre convocazioni collegate ai fatti di mesi addietro, e perfino perquisizioni a domicilio.
Recentemente, una persona sorpresa a recuperare cibo nelle pattumiere di un supermercato è stata arrestata, poi incarcerata perché già ricercata per altri reati. C’è stato anche il caso di un’altra persona arrestata durante una manifestazione contro i vigilantes a Nantes in settembre. Due persone arrestate senza testimoni sarebbero tutt’ora in carcere e sembrerebbe che una di loro sia stata arrestata sulla ZAD.
Durante gli ultimi mesi, numerose azioni si sono svolte fronte alla repressione: manifestazioni, festa in strada, blocco di un ponte a Saint-Nazaire prima del processo, assembramento e pic-nic rumorosi davanti ai tribunali, presenze durante i processi. Due o tre manifestazioni selvagge sono terminate davanti alle sbarre del carcere per fare dei speakeraggi in strada e una notte, dei trattori hanno fatto la posta davanti al commissariato. Una campagna contro la schedatura DNA è appena iniziata. Inoltre, c’è una raccolta fondi per far fronte alle ammende e alle spese di giustizia. Ma ce ne vorrà ancora di più (per assegni e donazioni, mandare all’associazione “Vivre sans aéroport”: La Primaudière 44130 Notre-Dame-des-Landes). Il sostegno a tutti gli incolpati della lotta è primordiale per ogni movimento che desidera essere duraturo e non abbandonare nessuno. Rimane molto da fare in quel senso per rinforzare quest’aspetto fino al momento dei processi e creare la fiducia collettiva necessaria per far fronte.
In conclusione, bravx!, grazie!, saluti a tuttx voi che lanciate azioni di solidarietà, che siete passatx da qui, a chi è stato ispirato da quello che è successo sulla ZAD per dar vita ad altre resistenze e a tuttx voi che ci avete ispirato. Non saremo qui a lottare senza di voi. Contiamo su di voi per vincere questa lotta con noi quest’anno che sarà senza dubbio decisivo e speriamo che le dinamiche di qui continueranno a seminare altrove. Speriamo ritrovarvi presto la domenica 12 gennaio per l’incontro dei comitati locali.
A presto…
Gli/Le occupanti della ZAD
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[FR]
Notre-Dame-des-Landes: Lettre aux comités locaux, nouvelles et actions à venir
Prochaine rencontre des comités locaux: le samedi 18 janvier 2014 de 10h à 19h à Fay-de-Bretagne.
Manifestation à Nantes: le 22 février 2014
Décembre 2013, depuis la ZAD de Notre Dame des Landes
Chers comités, nous étions un certain nombre à ressentir le besoin de vous écrire depuis le mouvement d’occupation sur la ZAD. Il y a quelques mois, dans une atmosphère de répit, porté-e-s néanmoins par la force de la solidarité combative de l’automne dernier, beaucoup d’entre nous commencions à entrevoir la possibilité d’un abandon du projet d’aéroport. Nous voulions même imaginer ce que pourrait être dans ce cas l’avenir de la zone en termes sociaux, agricoles, politiques. Si ces réflexions étaient alors cruciales et nous ont aidé-e-s à donner un nouveau souffle à la lutte et un surplus de sens au mouvement, nous sentons aujourd’hui comme un regain de tension.
Les pro-aéroports, préfecture, Vinci et consorts reprennent indéniablement du poil de la bête : annonces va-t-en guerre et commentaires victorieux sur le rejet des recours au niveau européen, fuites sur de possibles barbouzeries, publication prochaine des décrets préfectoraux nécessaires à « l’amélioration du projet », rapport fumeux de la Direction Générale de l’Aviation Civile sur le coût du maintien de l’aéroport actuel à Nantes, préparation du transfert des espèces et des travaux sur le barreau routier, autorisation européenne au gouvernement français de débloquer 150 millions d’euros pour la construction de l’aéroport… Le ciel qui s’assombrit en ce début d’hiver est balayé par de sales rumeurs et des signaux convergents. Il nous rappelle à la nécessité de nous focaliser sérieusement sur la possibilité d’un démarrage des travaux, dès le début de l’année, accompagné ou précédé de nouvelles offensives policières. Nous voulons d’abord, dans cette lettre, parer au plus urgent et faire le point sur les menaces qui pèsent sur la ZAD et sur les perspectives d’actions, manifestations et réactions dans les mois à venir. Mais nous souhaitons aussi prendre le temps de faire quelques retours sur la vie ici et sur les évènements marquants de ces derniers mois. Nous avons en effet le sentiment de n’avoir pas toujours réussi à transmettre où on en était depuis la fin de l’occupation policière, ou alors de manière éparpillée. Nous voyons bien que, de loin, il n’est pas toujours aisé d’appréhender ce qui s’est tramé dans le bocage.
Avant d’aller plus avant, rappelons que nous ne parlons pas ici au nom de l’ensemble du « mouvement d’occupation », entité multiple et hétérogène, sans représentation unifiée (et tant mieux). Nous tâcherons néanmoins dans la seconde partie de faire résonner jusque chez vous quelques voix d’occupant-e-s et espérons relancer les dialogues et échanges nécessaires pour envisager ensemble la suite. Le début d’année 2014 sera sans nul doute décisif et il faut s’y préparer en conséquence. Nous ne pourrons gagner les batailles qui s’annoncent sans compter sur la force cumulée de tous les comités. L’un des objets important de cette lettre est d’ailleurs d’inviter à une rencontre avec les comités locaux, notamment ceux qui sont les plus proches géographiquement, le samedi 18 janvier 2014 (lieu près de la ZAD à préciser) en vue de préparer les prochaines actions communes.
Être à la hauteur de la menace
A l’heure où nous écrivons, l’annonce du calendrier préfectoral concernant la mise en oeuvre du projet d’aéroport est encore en suspens. Cependant, les grandes étapes à venir pour eux sont aujourd’hui à peu près claires, de premières perspectives en réactions de notre coté aussi.
– Empêcher le déplacement des espèces et la compensation
Pendant la période d’un an précédant les expulsions, les experts de la compagnie privée Biotope ont été grassement rénumérés par Vinci pour répertorier les espèces présentes sur le site de la ZAD. Il s’agissait d’estimer et chiffrer selon leurs critères la valeur du bocage nantais et d’y appliquer des quotas de compensation. Pour obtenir le privilège de venir tout bousiller là où nous vivons, ils sont censés expulser et “reloger” des tritons crêtés et autres espèces “précieuses”, déplacer certains arbres morts abritant des insectes, refaire quelques centaines de mètres de haies, des prairies humides et creuser quelques dizaines de mares. Logiquement ils devraient le faire dans la région alentour, sur des terrains achetés ou loués dans ce but. Mais comme, dans leur logique, tout est compensable, n’importe où et a peu près n’importe comment, il leur est aussi possible de « respecter » leurs quotas en opérant à l’autre bout de la France et même à l’étranger.
Au-delà de l’aéroport de NDDL il s’agit là de la mise en place de techniques d’ingénierie écologique, largement expérimentales et emblématiques du greenwashing moderne, qui pourraient servir de modèle et de légitimation sur la faisabilité d’autres projets de ce type. Pour des compagnies comme Vinci, il s’agit bien d’acheter un droit à polluer et à détruire. Des entreprises mercenaires comme Biotope ou Dervenn se chargent de le légitimer. La compensation incarne une logique gestionnaire qui entend pouvoir paramétrer et quantifier l’entièreté du vivant. Nous entretenons un rapport tout autre aux bois, bocages et chemins, aux histoires qui les traversent et aux être vivants qui habitent notre quotidien. Ces liens sensibles et savoir-faires, outils, armes et complices, ressources ou repaires ne se laisseront pas aplanir. Nous refusons absolument que nos vies soient casées et fractionnées à l’infini dans des équations savantes selon les principes économiques en vigueur.
La mise en place du déplacement des espèces et de la compensation marquerait le début des travaux du futur aéroport. Ils doivent théoriquement opérer avant le 31 mars pour “respecter les cycles biologiques”. Les en empêcher, ce sera donc retarder considérablement cette phase, nécessaire et emblématique pour eux, des travaux de l’aéroport. De premières mares fraîchement creusées ont déjà été rebouchées. Dans un appel commun (lisible sur le site zad.nadir.org), les opposant-e-s à l’aéroport appellent à venir bloquer les travaux de compensation sur place pour ceux qui le peuvent ou à protester par des actions adéquates devant les mairies PS, préfectures, ou bureaux locaux de Vinci. L’alerte sera donnée largement en cas de travaux. Avis à se tenir prêt-e-s.
– Barrer le barreau routier
Les travaux de l’aéroport devront débuter en outre par la construction du barreau routier, censé le desservir et relier les 4 voies Nantes-Rennes et Nantes-Saint-Nazaire pour amplifier l’entrelacement urbain. Les deux projets, aéroport et barreau routier, sont conjoints, indissociables et destructeurs dans les deux cas. L’un pourra servir demain à justifier la nécessité d’achever l’autre. Sur le terrain, on s’accorde donc sur la nécessité de réagir en nombre dès la mise place des premiers chantiers du barreau, à priori notamment la construction d’un échangeur côté est. Une grande manifestation de blocage du chantier ainsi que la mise en place d’un campement de résistance à coté commencent à être discutés. (Pour plus d’infos et des cartes détaillées sur les travaux à venir, voir documents disponibles sur le site zad.nadir.org).
– En cas d’offensive policière et de seconde vague d’expulsion, multiplier les fronts
En cas de nouvelle offensive policière massive, des appels courent toujours pour des occupations des mairies, préfectures et lieux de pouvoir un peu partout en France. Bien entendu l’arrivée de renforts et ravitaillements sur la zone, comme à l’automne 2012, sera crucial. En s’inspirant des actions des paysans solidaires lors des journées décisives du 23 et 24 novembre dernier, il nous apparaît en outre possible de travailler dès aujourd’hui à un blocage des axes routiers et des flux économiques essentiels de la région qui puisse se mettre en place le jour j. Diverses options sont envisageables et organisables à l’avance de manière décentralisée : barrages filtrants, opérations escargots, piquets, actions conjointes avec les paysans locaux… Cette perspective permettrait à celleux qui ne pourraient se rendre sur la ZAD de manifester efficacement leur soutien et leur colère, en forçant la préfecture à oeuvrer sur deux fronts, et en mettant en difficulté le déplacement de ses troupes, en accentuant le coup économique de l’opération et l’impact direct de la solidarité hors de la ZAD. Si vous êtes un comité proche géographiquement, nous vous invitons donc à participer au blocage de la région en le préparant en amont et se coordonnant à ce sujet. Si vous êtes plus loin l’appel à occupation des lieux de pouvoir reste inchangé.
– Manifestation du mouvement à Nantes le 22 février
Une grande manifestation à l’appel de l’ensemble des composantes du mouvement anti-aéroport sera organisée à Nantes, le 22 février peu de temps avant les deux tours des élections municipales. Que cette manifestation survienne dans un contexte de résistance à des travaux déjà engagés sur le terrain ou en amont, elle donnera de nouveau une visibilité forte et massive au mouvement d’opposition à l’aéroport. A l’heure du déplacement des espèces, elle sera un nouveau surgissement du bocage au coeur de la métropole nantaise. Notons au passage que les têtes d’affiches des verts si loquaces lorsque les projecteurs pointaient sur Notre Dame des Landes se montrent bien discrets à l’heure où ils négocient sur les listes communes avec le PS pour les municipales.
– Rencontre des comités locaux le 18 janvier
Pour creuser ces propositions et construire ensemble ces actions nous invitons avec l’ACIPA et COPAIN 44 à une grande assemblée des comités locaux (notamment ceux de la région mais pas que) le samedi 18 janvier 2014 de 10h à 19h à Fay-de-Bretagne. Pour tous renseignements, écrire à reclaimthezad@@@riseup.net
Retours vers le futur – Un peu d’histoires récentes à présent…
À l’automne 2012 le gouvernement lançait l’opération César et envoyait 2000 policiers expulser la ZAD de Notre Dame des Landes où Jean-Marc Ayrault, Vinci and co rêvaient de construire un futur aéroport. Mais la résistance sur le terrain – à grands renforts de barricades, de projectiles, d’escalade dans les arbres ou de reconstruction incessante de cabanes – allait déclencher un immense mouvement de solidarité et des actions dans toute la France et ailleurs. Le 17 novembre, après 1 mois d’expulsion, 40 000 personnes venaient édifier dans un grand chantier collectif un espace d’organisation et de vie sur la ZAD : la chat-teigne. Un petit village de bois aux ambiances de western boueux, avec des pilotis et chemins en caillebotis, une cuisine, une no-taverne, des dortoirs, une grande salle de réunion, un atelier et une infirmerie…
– Fin de l’occupation militaire et commission du dialogue
Le 24 novembre 2012, après de nouvelles journées d’affrontement dans la forêt de Rohanne où les squatteurs-euses étaient rejoint-e-s par les habitant-e-s des bourgs alentours et soutenu-e-s par des blocages des grands axes de la région avec des dizaines de tracteurs, ainsi qu’une manifestation de 10 000 personnes à Nantes, le gouvernement décidait d’arrêter momentanément les frais. Il lançait le soir même une commission du dialogue, non pas pour éventuellement remettre en cause le projet, mais tout simplement “pour mieux l’expliquer”. Un arrêt des expulsions était prononcé en attendant les conclusions de la commission. Mais le gouvernement n’allait pas lâcher le terrain comme ça, il entendait bien maintenir la pression au moyen d’une occupation militaire des carrefours de la zone. Pendant 5 mois, des compagnies de gendarmes mobiles allaient se relayer en continu pour bloquer les allées et venues, le transport de matériel, pour contrôler et poursuivre des arrestations ciblées. Il s’agissait de diviser la zone, d’espérer ainsi attiser les tensions internes, et de rendre le quotidien invivable en nous isolant. Leur stratégie fut partiellement neutralisée par l’astuce et l’entêtement de tou-te-s celleux qui continuèrent à faire passer ce qui était nécessaire par les champs et dans la boue, à harceler les barrages, à les tourner en dérision ou à les contourner pour desserrer l’étau. Pendant toute cette période, de nombreuses nouvelles cabanes et habitations étaient reconstruites et des barricades et tranchées étaient maintenues sur certains accès stratégiques et notamment sur la d281, route encore aujourd’hui parsemée de postes de guets, de constructions hétéroclites et de chicanes. Le 11 avril 2013, quelques jours avant une nouvelle grande manifestation d’occupation de terres, la commission du dialogue rendait son rapport et conditionnait la reprise des travaux à de nouvelles études, notamment au sujet des compensations environnementales et agricoles. Suite à cette temporisation, la tactique d’occupation policière, intenable et coûteuse, pourrissant la vie des alentours et de plus en plus décriée, allait heureusement prendre fin. Le 15 avril 2013, deux jours après un premier retrait, les policiers attaquaient le carrefour occupé cette fois par des habitant-e-s de la ZAD. Cet aller et retour allait occasionner de nouveaux affrontements. Ils n’ont pas remis en place leurs checkpoints depuis.
– Une saison en sursis ?
Sans menace de grandes opérations d’expulsion dans l’immédiat, nous sommes alors entré-e-s dans une nouvelle phase de la lutte. Il ne s’agissait bien sûr officiellement pour eux que d’un retard des travaux, le temps de tenir compte des préconisations des diverses commissions qui avaient rendu leurs rapports en avril : ils comptaient bien revenir et en finir avec la zone défendue. Sur place, on s’accordait sur le fait qu’on aurait bien tort de baisser la garde et sur l’idée que la mobilisation restait cruciale. Pendant ces mois de “répits”, la zone s’est trouvée d’autres rythmes et de nouvelles modalités de luttes. De nouveaux enjeux et ambitions se sont développés :
* dynamique de “Sème ta ZAD” – mise en place des différents projets agricoles, approfondissement des réflexions autour du partage et de la mise en culture des terres…
* chantiers et réflexions sur les structures collectives et habitats de la ZAD
* vigilance permanente pour ne pas laisser de travaux préliminaires au projet d’aéroport et à son barreau routier redémarrer
* renforcement des liens entre les différentes composantes de la lutte et avec les habitant-e-s des alentours
* solidarité avec tou-te-s ceux et celles qui vont passer en procès dans les mois à venir ou doivent d’ores-et-déjà subir des peines
* soutien à d’autres ZAD comme celle d’Avignon, départ de caravanes collectives allant à la rencontre d’autres espaces en résistance…
Le projet d’aéroport apparaissant bien fragilisé, il était par ailleurs nécessaire de commencer ici à imaginer et construire ce que pourrait devenir la zone après la fin du projet d’aéroport. Le risque est grand qu’en cas d’abandon, les normes reprennent le dessus et écartent les gens, modes de vies, habitats et formes de cultures subversives qui s’y expérimentent avec richesse aujourd’hui. Diverses options sont à craindre : redistribution des terres au profit d’agriculteurs cumulards, mise sous cloche par la création d’espace type Natura 2000, programme d’urbanisation ou de développement de zones commerciales péri-urbaines.. Pour y parer nous avons oeuvré au cours des mois derniers à densifier des liens et pratiques collectives qui ne soient jamais assimilables par ces logiques. Voici un aperçu de quelques axes importants d’actions ou de réflexions qui ont marqué ces derniers mois :
– Forages et mares, dé-blocage de la d281 et dialogue à la masse : résistances sur le terrain.
Pendant ces mois, l’impuissance de la Préfecture à opérer sur la zone a été de plus en plus patente. Lors de diverses balades de reconnaissance sur le trajet prévu pour le barreau routier, les piquets de géomètre ont été arrachés. En mars 2013, en pleine commission du dialogue, des poteaux électriques fraîchement mis en place dans le cadre d’un chantier préparatoire ont été fracassés à coup de masse par une centaine de personnes. Ils n’ont pas été réimplantés depuis.
En juin, AGO a tenté de réaliser des forages pour effectuer des mesures sur la nappe phréatique à grands renforts policiers. Celles-ci étaient nécessaires à l’évaluation des mesures compensatoires. Après une semaine de travaux laborieux de mise en place, les forages ont été sabotés en quelques heures avec la validation de l’ensemble du mouvement considérant que ces études ne visaient qu’à légitimer le projet d’aéroport.
La semaine suivante, la Préfecture tentait de fermer définitivement à la circulation la d281. Arguant du fait que cette route serait devenue trop dangereuse et qu’elle devait de toutes façons disparaître dans le cadre de la construction de l’aéroport, les autorités ont envoyé des machines pour en bloquer les accès par des glissières en béton et de maxi-blocs de rochers. Deux jours plus tard, la route était réouverte à l’aide de tracteurs. Elle l’est toujours depuis.
Plus récemment, des occupant-e-s ont détecté un tractopelle oeuvrant sur la zone pour le creusement d’une mare dédiée à la “compensation écologique”. Après une petite discussion avec le propriétaire, celui-ci a rebouché de lui même la mare en question.
Si sur place, les porteurs du projet ont pour l’instant bien du mal à opérer, l’intensité des enjeux internes et la fatigue post-expulsion se sont manifestées par une difficulté à sortir de la zone. De fait, peu de nouvelles actions offensives à l’”extérieur” ont été menées par le mouvement d’occupation depuis la période des expulsions. Le rôle des comités de soutien à ce niveau est essentiel.
– Les dynamiques paysannes : vers une communisation des terres et des pratiques ?
En 1972 était créée l’ADECA, l’association de défense des exploitants concernés par l’aéroport. Pendant 40 ans les agriculteurs de la ZAD, rejoints en 2000 par l’ACIPA* (*Association Citoyenne Intercommunale des Populations concernées par le projet d’Aéroport de Notre Dame des Landes) et d’autres associations, ont multiplié les actions, études, informations publiques… En mai 2011, la ferme du Sabot, fut le premier projet maraîcher occupé à être initié lors d’une grande manifestation publique par le mouvement d’occupation sur la ZAD. Le Sabot allait rapidement mettre en place un marché pour contribuer à alimenter les alentours, cette lutte-ci et d’autres ailleurs. A ce moment là, il restait une petite dizaine de paysan-ne-s historiques de la ZAD a avoir fait le choix de rester et de refuser les compensations. Exproprié-es ils étaient en passe de devenir eux-mêmes squatteur-euses.
En 2011 plusieurs organisations agricoles de la région se regroupaient pour créer COPAIN 44, animé par des paysans qui n’ont pas de terres sur la ZAD mais qui sont prêts à s’opposer farouchement au projet d’aéroport. Pendant les expulsions et dans les mois qui ont suivi, la “bande à COPAIN” a été sur tous le front, du Rosier à la Chat-teigne, et a sauvé in-extremis de la destruction une ferme, “Bellevue”, devenue un espace d’organisation et de rassemblement sur le terrain. Leurs “tracteurs vigilants” sont devenus un levier crucial de la lutte.
Depuis décembre 2012 l’assemblée “Sème ta ZAD” regroupant paysans de COPAIN, de la ZAD, occupant-e-s, et acteurs de comités de soutiens a engagé une réflexion sur la gestion collective des terres disponibles sur la ZAD, mais aussi sur les moyens et les fins d’une production agricole débarrassée des maux de l’agriculture intensive et de sa cohorte d’institutions. Cette assemblée prolonge les complicités nées sur les barricades et cherche à définir les bases de réponses face aux conflits et aux rapport de forces que peuvent entraîner la question des terres et de leur usage… Elle est un moyen d’envisager le futur paysan de la zone et des formes de communisation et de solidarité durables.
L’appel à la manifestation “Sème ta ZAD” du 13 avril 2013 a été le fruit de ces rencontres riches et intenses. Quelques mois après cette action collective de soutien au démarrage d’une dizaine de nouveaux projets paysans, un espace commun de distribution des récoltes, le ”non-marché”, prend place une fois par semaine sur le carrefour libéré (dit de « la Saulce »), occupé en permanence par les gendarmes mobiles pendant les 5 mois précédents. D’autres initiatives émanant de cette assemblée cherchent pour l’avenir à tenir ensemble les différentes dynamiques agricoles, à les charger d’un sens commun.
La montée en puissance de cette dimension inspirante de la lutte n’a pas été sans de vifs débats politiques et pratiques : difficulté de cohabitation entre agriculture conventionnelle et désir de s’affranchir des pratiques agro-chimiques ou de laisser des endroits en friche, volonté de permettre l’accès aux terres pour les paysans et de maintenir en même temps une protection des lieux occupés, questionnements critiques autour de l’élevage et de la chasse… Ces différends ont pu aller jusqu’à des heurts, mais des échanges plus cordiaux ont pris le pas petit à petit. Aujourd’hui des terrains de cohabitations existent dans la lutte sans occulter les différents positionnements et les mutations possibles des différentes pratiques. En cette fin d’été, l’aventure “Sème ta ZAD” se poursuit avec ces quelques exemples (parmi d’autres) :
– l’existence d’un atelier de transformation fromagère à la ferme de Bellevue,
– le semis de légumineuses avec la décision de laisser certains hectares en friche expérimentale,
– la mise en culture d’hectares de blé panifiable pour alimenter la boulangerie collective…
– la récolte commune de 10 tonnes de patates à répartir entre les différents lieux, avec deux chevaux et quelques dizaines de personnes…
D’autres projets liés à la production alimentaire se sont développés hors du cadre de “Sème ta ZAD”, à l’instar d’une serre de production de spiruline qui renaît de ses cendres après un incendie volontaire en septembre dernier.
Début octobre 2013, l’Adeca, Copain et “Sème ta ZAD” ont décidé d’une nouvelle action commune sur des champs laissés en friche par AGO-Vinci. L’objectif était de mettre en culture 21 ha en une journée avec une association d’engrais verts, plantes fourragères et blés panifiables. L’ordonnance judiciaire ubuesque, obtenue la veille par AGO-Vinci et interdisant tout semis et plantations sur la ZAD, n’a empêché en rien le ballet de tracteurs et les semis à la volée, tout comme la plantation de nouvelles haies pour redensifier le bocage. En novembre a débuté la réalisation d’un arboretum, un “barreau forestier” sur le tracé du barreau routier. Dans les semaines à venir s’annoncent la plantation de vergers, la création d’un groupe s’occupant de chèvres et de moutons, et un processus “Resème ta ZAD” visant à mieux s’organiser collectivement pour nourrir la ZAD ainsi que d’autres luttes et lieux amis.
– Vivre sur la ZAD
Depuis la grande vague d’expulsions, de nombreuses constructions ont vu le jour, renforçant ainsi le mouvement d’occupation. On compte désormais plus dune soixantaine de lieux de vie et d’organisation collective – de la “MJC” de la Wardine où sont organisés concerts et discussions à la cabane individuelle en passant par le petit hameau (No name, Vraies rouges, Chateigne) au village aérien de la gare. On a vu aussi émerger la cathédrale de palettes des 100 noms, le port et sa cabane flottante et aujourd’hui le domaine royal de youpi youpi. Un certain nombre de collectifs extérieurs, auvergnats, limousins ou rouennais sont quant à eux venus construire leurs propres bicoques et palais, pied à terre sur la zone, souvent partagés avec des occupants plus permanents. Les parisien-ne-s du Transfo ont apporté « la Transfu », une bâtisse en kit, devenue un centre médical et auto-média. Ces lieux s’ajoutent aux logements et fermes encore occupés par les habitantEs et agriculteur-trices qui ont refusé de partir. Certaines maisons louées et habitées se sont encore malheureusement vidées ces derniers mois sous la pression d’AGO-Vinci qui les a immédiatement dégradées : destruction des escaliers, fenêtres, canalisations… L’enjeu pour le mouvement a été à chaque fois de les investir au plus vite avant qu’elles ne soient complètement saccagées, de les barricader ou de les protéger avec des tracteurs, et de les restaurer. C’est ce qui a pu se produire au Moulin de Rohanne, aux Domaines ou à la Freuzière, ces dernières semaines encore. On estime que plus de 200 personnes vivent en permanence sur la zone, auxquelles s’ajoutent de nombreux soutiens et ami-e-s de passage et la certitude que des centaines d’autres pourraient débouler à la moindre alerte sérieuse.
Pour beaucoup des occupant-e-s de la ZAD, les expulsions ont été une période folle et galvanisante, mais aussi un moment de destruction, de perte de repères et de bouleversement des communautés existantes. Dans la foulée des manifestations et appels à résister, l’année passée a été l’occasion d’un tas de nouvelles arrivées. Beaucoup en font le constat, chacun à sa manière : il y a à la fois plus de monde et de cabanes sur la ZAD qu’avant les expulsions, une force collective éprouvée face à l’opération César, des rencontres magiques et des rêves, des projets pour habiter et cultiver la zone à long terme. Il y a eu en même temps par moments la peur d’un pourrissement, un sentiment d’éparpillement, des histoires glauques et des tensions larvées qui ont pu parfois se traduire par de piètres sursauts identitaires et certains dogmatismes idéologiques, par certaines violences et coups de pression de parts et d’autres. Les mois d’expulsions ont aussi amené l’arrivée en renfort de personnes portant souvent une révolte profonde, parfois marginales et précarisées et qu’il ne s’agissait pas de rejeter, comme partout ailleurs.
Le grand remue-ménage des mois derniers n’a pas été sans frictions entre anciens, nouveaux, soutiens, riverains, paysans et groupes de passages. Des conflits ont pu se cristalliser autour de question de voisinage, de sexisme, de classes, d’usage d’alcool et autres drogues, ou de positions sur la lutte et sur l’accessibilité des routes de la ZAD. Trouver des formes de cohabitation et d’autogestion à grande échelle, dans une “zone de non-droit” pour l’Etat est un des enjeux politiques majeurs, à la fois passionnant et ardu auquel à affaire le mouvement aujourd’hui : comment ne pas fermer les yeux sur les embrouilles ou les fuir, mais les prendre à bras le corps et tenter de s’émanciper chemin faisant du recours aux institutions répressives, qu’elles soient policières, judiciaires ou psychiatriques ? D’autres types de péripéties sont aussi venues entacher le moral par à coups. Des incendies ont en effet ravagé des structures telles que Bison Futé, mythique tour de guet installée sur la d281, la halle du marché du carrefour libéré ou la maison de la Sécherie. La destruction suite à plusieurs départs de feux à l’essence d’une maison occupée de longue date au niveau du carrefour des Ardillères a été évitée de justesse. Après une motivation collective, des travaux d’assainissement et une remise en état, elle est de nouveau tout a fait vivable et a été rebaptisée Phoenix… Ces attaques souvent obscures, dont on présume qu’une partie au moins ont été lancées par des personnes clairement hostiles à la ZAD ont mis à l’épreuve la ténacité du mouvement. Au final, le Phoenix comme le non-marché sont toujours là.
Si le soutien du côté des habitant-e-s des bourgs alentours a été impressionnant pendant les expulsions, la circulation sur la départementale d281, entre autres, a engendré des blocages. Certain-e-s riverain-e-s se sont sentis excédé-e-s par les chicanes, ralentisseurs et les interactions avec des personnes pas toujours des plus avenantes. Des occupant-e-s pointaient du doigt de leur côté les chauffard-e-s et affirmaient leur volonté de conserver des dispositifs défensifs sur cette route en cas d’attaques. En réponse, à la fin de l’été, une réunion avec les habitant-e-s du coin s’est organisée dans un bourg mitoyen de la ZAD. L’objectif était de se rencontrer, de se confronter aux problèmes réels et de désamorcer les projections fantasmées d’un côté comme de l’autre. Cela a été une réponse efficace au montage en épingle par la préfecture de quelques faits divers pour provoquer un pourrissement et justifier son retour en force. Malgré la stratégie de la tension déployée par les autorités, il apparaît aujourd’hui que pas mal des embrouilles qui pouvaient parfois pourrir le quotidien et fragiliser le mouvement d’occupation se sont aujourd’hui apaisées. Des bases de dialogue et de solidarités se renforcent et l’alliance riche autant qu’a priori improbable entre nouvelles arrivant-e- s, ancien-ne-s du coin et militant-e-s de longue date, entre associations et occupant-e-s autonomes, anti-aéroports et anticapitalistes n’a pas été brisée. Ce front entrelacé ne sera pas aisé à balayer.
Comme sur tout autre habitat débordant de vie, comme sur toute autre lutte qui a pris racine, il y a en arrivant sur la ZAD un temps nécessaire pour appréhender la texture locale, les personnes et modes de fonctionnement. Si cette posture exige sans doute une certaine humilité, il est indispensable par ailleurs pour les “ancien-ne-s” de s’impliquer dans la transmission. Sur cette première période post-expulsion, les exigences immédiates liées à la reconstruction d’abris, au besoin de reprendre pieds ou de ressouder des collectifs, ont parfois primé sur la curiosité et le désir de rencontres. Nous étions souvent divisé-e-s entre enthousiasme pour le passage, le soutien constant, et ras le bol face au côté “tourisme militant” laissant le sentiment d’être sur-solllicité-e-s sans toujours laisser de liens durables. Du reste, il importe à beaucoup d’entre nous que la zad ne se renferme pas dans la constitution d’un ghetto alternatif auto-centré mais puise sa force dans sa porosité avec le monde et dans ce que la friction bouleverse. Habiter ensemble la ZAD n’est pas seulement affaire de nombre mais bien d’intelligence collective, de circulation et de coordination entre les groupes….de partage des histoires et des différents regards. Il n’y a jamais eu et il n’y aura pas d’entité « zadiste », « occupant-e-s » ou « squatters » homogène. On peut même considérer comme un enjeu le fait de ne pas s’enfermer dans cette représentation, à la décloisonner avec les paysan-ne-s et habitant-e-s de la zone devenu-e-s de fait « squatters » et tous les autres qui prennent part au mouvement.
De nombreuses structures collectives se sont constituées ou renforcées : médic, radio pirate, groupes automédias, atelier de réparation de vélo ou d’écriture, de sérigraphie… Le quotidien est souvent ponctué par des chantiers plus conséquents (construction de poêles ou murs en terre crues, escalade ou nettoyage de la route) et l’accueil de rencontres larges (batukadas, médias libres…). En ce début d’hiver, il est prévu entre autres d’installer un hangar de stockage pour “Sème ta ZAD” sur le site de l’ancienne maison du rosier ou encore de construire une éolienne à côté de l’empire state building des 100 noms. Chaque lundi, le ZAD-news, bulletin de liaison locale est livré dans les boîtes aux lettres des différents lieux de vie avec ses petites annonces, infos, agenda de la semaine et bien souvent des textes de réflexion internes. Pendant tous ces mois, les naturalistes en lutte ont de leur côté multiplié leurs allées et venues sur la zone, réalisant un travail de contre-enquête face aux projets de compensation et de transfert des espèces.
La vie sur la ZAD a été traversée aussi par l’arrivée d’évènements de masse, organisés notamment par l’Acipa en lien avec des comités locaux. Si le mouvement d’occupation n’a pas vraiment raccroché à la chaîne humaine du 11 mai, lors du grand rassemblement d’été des 3 et 4 août des personnes d’ici sont venues tenir des stands et cuisines, tandis que d’autres privilégiaient la mise en place d’une teuf alternative avec des grosses basses, sur des champs voisins.
Un des éléments structurants est la poursuite d’assemblées larges deux fois par mois qui réunissent depuis janvier 2013 les différentes composantes du mouvement afin d’échanger sur les stratégies, perspectives mais aussi sur les enjeux du quotidien. Elles cristallisent la possibilité de s’organiser à partir d’une réalité communément partagée, celle d’habiter à plus ou moins long terme sur la ZAD et aux alentours mais aussi avec tou-tes celleux de la région ou d’ailleurs qui souhaitent participer à la réflexion et se mêler aux voix qui résonnent dans le hangar de la Vache-rit en en réchauffant l’atmosphère.
– La Chateigne
En décembre 2012 un appel était lancé afin que des comités locaux et collectifs se relaient à la chat-teigne pour y apporter leurs expériences, leurs imaginaires et leurs outils ; pour que l’on s’enrichisse ici de résistances d’ailleurs et pour que ces collectifs puissent apprendre de la ZAD et s’y impliquer. Pendant l’hiver et le printemps de nombreux groupes ont répondu au défi et ont formé des convois pour venir passer quelques jours ensemble dans le bocage…
Se sont entrecroisés à partir de la chat-teigne des chantiers électricité et des grands jeux – des balades anti-THT autour des pylônes ou des promenades pour se repérer sur le futur tracé du barreau routier et joyeusement dépiqueter – des expos et transmissions orales d’histoires de la ZAD et de la lutte par les habitant-e-s qui résistent – des constructions de cabanes, d’un dôme et même d’une villa en ossature bois ou d’un château en kit ailleurs sur la zone – des récits sur des potagers collectifs, des luttes de paysans indonésiens et des histoires des mouvements écolo-radicaux anglais des années 1990 – des dynamiques féministes et des chantiers entre meufs – des préparations d’actions, manifs et départs collectifs pour la ZAD d’Avignon – des discussions sur ce que serait une « victoire » ou sur les grands plans d’aménagement du territoire – des cantines de guerre et des menus succulents – des ateliers de masques et de défense des barricades, de massage ou de samba – pas mal de fêtes, de chants de (no) Tav-erne et de danses à fendre les planchers… (gaz de schiste, semaine de médias libres, semaine antispéciste…) Cela a permis de rencontrer des groupes de Lyon, d’Auvergne, du Diois, de Dijon, du Finistère, de Rennes, du nord-Nozay, des Millevaches, de Paris… et pas mal d’autres champs d’actions : anti-carcéraux, gaz de schiste, anti-spécistes, médias autonomes…
Cette expérience forte et singulière montre comment la résistance ici est entrée en résonance avec des espoirs et révoltes disséminés un peu partout. Par ailleurs divers comités locaux venus à la chat-teigne ont témoigné du fait que le temps passé sur la ZAD avait représenté un moment précieux pour se connaître dans d’autres cadres, s’organiser ensemble et revenir plus fort-e-s par chez eux. En mai, un nouvel appel a été lancé à des collectifs divers et variés pour qu’ils continuent à venir occuper régulièrement la chat-teigne. Cet appel n’a pour l’instant pas aussi bien fonctionné que par le passé et la chat-teigne a malheureusement été un peu délaissée. Force est de constater, qu’au delà des réunions régulières qui s’y tiennent, les énergies locales ne suffisent pas à la faire vivre pleinement. Alors on profite de cette lettre pour le relancer d’autant que la patate apportée par le passage de groupe d’ailleurs est toujours aussi cruciale, même dans les périodes plus calme.
(pour tout contact: zad.presidio@@@riseup.net)
– Face à la répression
Faire face à la répression était déjà un enjeu constant avant les expulsions et a continué à l’être depuis. Après chaque arrestation, la legal team (équipe juridique) a fait et continue de faire un travail de suivi, que ce soit en communiquant avec les personnes arrêtées, en contactant des avocats, la famille ou les proches. Elle assure un lien avec les personnes qui restent en prison, un soutien moral et parfois financier.
Pendant le premier mois de l’opération César à l’automne 2012, la préfecture qui rêvait encore d’une expulsion HQE n’a pas recherché les arrestations et s’est contentée de ficher, blesser les opposants et de détruire les maisons. A la fin du mois de novembre, des premières personnes ont été arrêtées par des flics infiltrés qui les avaient incitées à aller à l’affrontement en passant devant les barricades. A partir de ce moment, concordant avec le début de l’occupation militaire, les arrestations n’ont pas cessé, souvent à l’encontre de personnes nouvelles sur la zone. Celles-ci n’avaient parfois que de maigres connaissances des differentes procédures et pas forcément l’habitude de se défendre face à la justice ou de compter sur des appuis collectifs. Il arrivait souvent que le ton monte lors de tentatives de contrôle au carrefour ou que les occupant-e-s de la ZAD répondent à la pression quotidienne par des harcèlements ponctuels des groupes de gendarmes, parfois au prix de blessés et de nouvelles arrestations. Il est à noter qu’avant les expulsions, la plupart des habitant-e-s de la zad avaient pris pour habitude de ne pas donner leur papiers d’identité, lors de contrôle, parfois avec quelques heures infructueuses de vérification à la clé, et même lors d’arrestations. Cette pratique s’est diffusée avec succès jusqu’à devenir une habitude communément partagée au point de décourager bien des vélléités policières.
Qu’elles y aient activement participé ou pas, les personnes arrêtées pendant les moments d’affrontements sont passées en procès dans la plupart des cas pour « violence sur agent », « participation à un attroupement après sommation de dispersion », pour des « refus de se soumettre au prélèvement signalétique et/ou ADN », et régulièrement pour « port d’arme ». Les peines infligées dans ces cas là se situent majoritairement entre 1 à 3 mois de prison avec sursis pour les personnes ayant un casier judiciaire vierge. Celles étant en récidive ou ayant des inscriptions dans le casier judiciaire ont généralement pris de la prison ferme (entre 2 et 5 mois). Les personnes arrêtées sont aussi majoritairement passées en comparution immediate (jugements suivant immédiatement la garde à vue et ne laissant pas le temps de préparer sa défense). Les personnes ayant refusé la comparution immédiate (ce qui est quasi toujours à conseiller pour se laisser des chances de condamnations moins lourdes) ont parfois subi un contrôle judiciaire de plusieurs mois jusqu’à leur procès. Toutes les personnes condamnées pour des confrontations avec les flics ont reçu automatiquement une interdiction de présence dans un périmètre proche dans la ZAD (voire dans l’ensemble du département ?). Quelques amis paysans ont aussi écopé d’amendes ou de prison avec sursis pour refus d’obtempérer ou utilisation d’arme contre les forces de l’ordre, l’arme en question pouvant être un tracteur. De nombreux procès ont eu lieu pour refus de prélèvement adn et de signalétique.
Au total, 45 personnes actives dans cette lutte sont passées en procès à Nantes ou à St Nazaire entre octobre 2012 et juin 2013. 5 camarades ont été relaxé-e-s lors de leurs procès, et 3 autres ont réussi à être relaxé-e-s de certains des chefs d’inculpation à leur encontre. D’autre part depuis le début de l’année, le nombre des procès liés à des actions de solidarité à cette lutte, mais survenues ailleurs que sur la ZAD, ne cesse de croître. Plus d’une vingtaine de personnes ont été interpellées (Paris, Aveyron, Bretagne). De même les convocations en gendarmerie suite à des actions ayant eu lieu des mois auparavant (surtout des péages gratuits) ne cessent de se multiplier. Pas mal de personnes ont refusé de se rendre à ces convocations sans que cela n’ait de suite et pour l’instant ces convocations n’ont pas donné lieu à des procès. On peut donc considérer qu’en ce qui concerne les péages gatuits notamment, il s’agissait de mettre un coup de pression sur certains protagonistes d’une pratique en train de se diffuser, sans que Vinci ou les autorités n’osent dans ce contexte aller plus loin. On peut mettre cette situation au bénéfice du mouvement large et d’un rapport de force suffisamment conséquent pour fragiliser par moments les vélléités répressives. Il n’est pas impossible cependant qu’arrivent d’autres convocations liées à des faits d’il y a quelques mois, voire peut-être des perquisitions de domicile.
Récemment, une personne surprise en train de faire de la recupération de nourriture dans des poubelles de supermarché a été arrêtée, puis incarcérée parce qu’elle était recherchée pour d’autres faits. Cela a été aussi le cas d’une autre personne arrêtée lors d’une manifestation contre les veilleurs à Nantes en septembre. Deux personnes arrêtées sans témoins sont encore actuellement en prison et il semblerait qu’au moins l’une d’elle ait été arrêtée sur la ZAD.
Au cours des mois derniers, de nombreuses actions ont été initiées face à la répression : manifestations, fêtes de rue, blocage d’un pont à Saint-Nazaire avant un procès, rassemblements et pique-nique bruyants devant les tribunaux, présence lors des procès. 2 ou 3 manifestations sauvages ont fini leur course devant les grillages de la prison afin d’y faire des parloirs en plein air et une nuit des tracteurs ont fait le guet devant le commissariat. Une campagne contre le fichage adn vient d’être lancée. Des sous ont été collectés pour parer aux amendes et frais de justice. Il en faudra plus encore (pour tous chèques et dons, envois à l’association “Vivre sans aéroport” : La Primaudière 44130 Notre Dame des Landes). Le soutien à tous les inculpés de la lutte est primordial pour tout mouvement qui souhaite s’inscrire dans la durée et ne laisser personne derrière lui. D’autant que l’on peut s’attendre à ce que cela soit pire si ils reviennent en force. Il reste beaucoup à faire pour renforcer cet aspect d’ici là et créer la confiance collective nécessaire pour leur faire front.
En guise de conclusion, bravo, merci, salut à vous tou-te-s qui avez lancé des actions de solidarité, qui êtes passé-e-s par ici, qui avez été inspiré-e-s par ce qui s’est passé sur la ZAD pour mener d’autres résistance de terrain et qui nous avez inspiré-e-s. On ne serait plus là sinon. On compte sur vous pour remporter cette lutte avec nous en cette année qui sera sans nul doute décisive et on espère que les dynamiques d’ici continueront à essaimer ailleurs. Nous espérons vous retrouver dans un premier temps le dimanche 12 janvier pour la rencontre des comités locaux.
À bientôt…
Des occupant-e-s de la ZAD
[À télécharger en PDF ici.]