È la domanda posta a titolo di un intervento di un gruppo di docenti del Campus Einaudi, eterogenei per formazione ma ben consapevoli che di fronte alla militarizzazione di un intero quartiere torinese a seguito dello sciagurato sgombero dell’Asilo – sommando a ciò i segnali di autoritarismo non solo evocato a parole, cioè proprio gli strumenti di cui si servono gli intellettuali che infatti percepiscono immediatamente il pericolo – è indispensabile «lanciare un grido di allarme rispetto a questo modo di intendere il diritto alla città» e lo hanno fatto cercando di adottare il linguaggio meno accademico possibile per scendere dalla cattedra e agevolare le potenzialità di confronto, contatto e unione tra tutti quelli che rifiutano una piega reazionaria come quella che impunita si abbatte su questo quartiere e si allarga alla città, al paese… una deriva autoritaria aberrante che va trasformando le comunità dovunque in modo parallelo alla concentrazione della ricchezza – e dunque anche il trasferimento di potere alla casta – verso l’alto, estremo atto di un lungo Termidoro reazionario che data dagli anni Ottanta e ora sta culminando nei sovranismi.
La specializzazione del nostro interlocutore ci ha indotti ad approfondire in particolare l’ambito di studio legato a trasformazioni urbane e movimenti sociali a partire dalla militarizzazione del lessico, a cui il nostro interlocutore contrappone lo spazio libero e aperto alla discussione rappresentato dall’Idea di Università come libero luogo dove confrontarsi, alla base della ricerca di quello che sta succedendo al di fuori del Campus. Per ora non è ancora possibile giungere al forte gesto politico di portare il Campus tra i checkpoint inventati dal questore uscito dai poliziotteschi anni Settanta che ha lasciato mano libera agli irridenti celerini ammiratori di Tomas Milian, ma forse dalla discussione assembleare che si terrà lunedì 25 febbraio in aula E5 del Campus Einaudi alle 17 potrà scaturire un’istanza di questo tipo: schierare nelle strade la consapevolezza storica accademica, la forza analitica del pensiero atta a creare argini condivisi da ogni ambito di questa città bizzarramente divisa a compartimenti stagni a contrasto della rozza ignoranza dell’inclita guarnigione.
Siamo dunque usciti da Aurora per accogliere l’invito a entrare all’Università per analizzare la situazione a partire da questa aggressione a un quartiere per forzarne la speculazione edilizia, accentuare il controllo sulla popolazione migrante, perseguitare il dissenso localmente, ma anche estendendolo a un’analisi globale, a e lo abbiamo fatto con uno dei promotori dell’iniziativa: Gianfranco Ragona, insegnante al Dipartimento di Culture, politica e società, interlocutore da noi privilegiato per la sua contiguità e competenza riguardo al pensiero anarchico.